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  • Aegritudo animi. La “malattia d’amore” in Agostino e Dante
  • Fabio Troncarelli (bio)

Agostino è una fonte trascurata di Dante, in particolare per quanto riguarda la sua concezione dell’amore. Un›associazione come questa potrebbe sembrare strana e fuori luogo, considerando l’importanza di San Tommaso e Aristotele nelle opere di Dante: il sistema scolastico di Tommaso d’Aquino e l’approccio logico ai problemi dello Stagirita sono entrambi il contrario della affascinante forma di neoplatonismo cristiano del vescovo di Ippona. Tuttavia, uno spazio vuoto per Agostino è stato lasciato nel cuore di Dante: il poeta ha condiviso con il santo l’idea che un amore ardente potrebbe trasformarsi in uno stato di disperazione, la cui definizione corretta è malattia dello spirito. Aegritudo animi. Questa famosa affermazione delle Confessioni ha avuto un grande valore per Dante, per ragioni teologiche e psicologiche. Il suo significato è leggermente diverso da quello di molte altre espressioni simili che possiamo trovare nelle poesie d›amore del secolo dodicesimo e tredicesimo.

Andrea Cappellano e l’Amore come malattia

La “malattia d’amore” era certamente un evento ben noto per i trovatori1. I suoi sintomi, noti attraverso gli antichi trattati di medicina, sono stati attentamente analizzati da Andrea Capellano2, che Dante conosceva molto bene: il suo De Amore è un testo controverso che è stato interpretato in modi opposti. Potrebbe essere considerato un testo di lode dell’Amor cortese, ma alcuni studiosi pensano che potrebbe anche essere una parodia dell’Amor cortese. Il testo può essere letto in diverse chiavi come un manuale; come un’opera ironica; o come una descrizione attenta e distaccata della fenomenologia dell’amore. In ogni caso si tratta di una sintesi delle credenze e delle pratiche di Amor cortese che erano lo sfondo di una lunga e imponente tradizione nella cultura occidentale.

Cappellano critica gli eccessi di amore da un punto di vista morale, scrivendo:

Amor est passio quaedam innata, procedens ex visione et immoderate cogitatione formae alterius sexus

(De Amore, I, 1). [End Page 317]

L’amore può essere buono o cattivo: dipende l’atteggiamento dell’amante. Se egli è sopraffatto dalla passione, L’amore è un incidente distruttivo; in caso contrario, potrebbe essere una meravigliosa esperienza se le maniere dell’amante sono regolate dalla cosiddetta provenzale «mezura», una combinazione di autocontrollo, coscienza, rispetto per l’altro e autostima.

“Effectus autem amoris hic est, quia verus amator nulla posset avaritia offuscari; amor horridum et incultum omni facit formositate pollere, infimos natu etiam morum novit nobilitate ditare, superbos quoque solet humilitate beare; obsequia cunctis amorosus multa consuevit decentrare parare. O, mira quam res est amor, qui tantis facit hominem fulgere virtutibus, tantisque docet quemlibet bonis moribus abundare.”(De Amore, IV, 1).

In ogni caso, essendo una «passio», l’amore è un evento patologico. Anche Andrea non lo lo si dice apertamente, l’Amore ha la qualità di una malattia psichica: chi è sotto l’influenza dell’amore non è molto diverso da chi soffre di allucinazioni e delirio. Inoltre, chi ama è prigioniero di una paura e di un’angoscia senza fine:

Quod amor sit passio facile est videre. Nam antequam amor sit ex utraque parte libratus, nulla est angustia maior, quia semper timet amans ne amor optatum capere non possit effectum, nec in vanum suos labores emittat…Sed et si pauper ipse sit, timet ne eius mulier vilipendat inopiam; si turpis est, timet ne eius contemnatur informitas vel pulchrioris se mulier annectat amori; si dives est, praeteritam forte tenacitatem sibi timet obesse.

Et ut vera loquamur, nullus est qui possit singularis amantis enarrare timores. Est igitur amor ille passio, qui ex altera tantum est parte libratus, qui potest singularis amor vocari.

Postquam etiam amor utriusque perficitur, non minus timores insurgunt; uterque namque timet amantium ne quod est multis laboribus acquisitum per alterius labores amittat, quod valde magis onerosum constat hominibus quam si spe frustrati nullum sibi suos fructum sentiant [sibi] afferre labores.

(De Amore, 2, 4–6).

Guido Cavalcanti e l’Amore come malattia

Il problema si pone allo stesso modo per Guido Cavalcanti, che ha dato una diversa soluzione alla questione. Secondo il poeta l’amore è uno [End Page 318] schock: un’esperienza terrificante che distrugge il controllo della ragione sul corpo. Qualsiasi conciliazione tra mente e passione è impossibile. Chi è stato...

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