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Quaderni leif Semestrale del Centro Interdipartimentale di Studi su Pascal e il Seicento (CESPES) Università di Catania Quaderni Semestrale del Centro Interdipartimentale di Studi su Pascal e il Seicento (CESPES) Università di Catania leif Direttore M V R Coordinatore della redazione M V Redazione C C, C C, V D, F P. L, M E L, C G M, E T, S O. T, F T Comitato Scientifico P A (Università «Federico II», Napoli) M B (Università di Perugia) D B (Università di Chieti-Pescara) H B (Université de Lorraine, Nancy) R C (Università di Bologna) C C (Casa editrice Einaudi) V C (Université Paris-Sorbonne) D D (Université de Clermont Ferrand) G F (Université Paris Sorbonne-Paris IV) G G (Università di Enna) D K (Université Paris  Panthéon-Sorbonne) G M (St. Olaf College, Minnesota USA) D M (Université de Nantes) M M (University of Cambridge) R P (University of Oxford) A P (Università Cattolica di Milano) G P (Università di Catania) P S (Université Paris Sorbonne-Paris IV) Direttore responsabile G G Direzione, redazione e amministrazione Dipartimento di Scienze Umanistiche, Università di Catania. Piazza Dante,  -  Catania. Tel.   - Fax   - Email: cr.cespes@unict.it Impaginazione e stampa: , grafica editoriale di Pietro Marletta, via Delle Gardenie , Belsito,  Misterbianco (CT), tel.    , e-mail: emmegrafed@tiscali.it La rivista si avvale della procedura di valutazione e accettazione degli articoli double blind peer review ISSN - Registrazione presso il Tribunale di Catania, n. /, del  settembre  Quaderni leif Semestrale del Centro Interdipartimentale di Studi su Pascal e il Seicento (CESPES) Università di Catania n. , gennaio-giugno  Anno XV  Andrea Di Biase Cristiano Calì Parigi . Tessere sull’evoluzione del dibattito attorno alla salvezza degli antichi  Libertà come spazio liminale. L’approccio della scienza fisica alla questione filosofica del libero arbitrio  Salvatore O. Tomaselli Le Prières e il Fragment sur Dieu: la preghiera rousseauiana al tempo delle Charmettes    Domenico Bruno I sistemi di numerazione dei Greci e dei Romani  Giuseppe Pezzino Invidia  C C* Libertà come spazio liminale L’apporto della scienza fisica alla questione filosofica del libero arbitrio N ’   che abbraccia la storia della filosofia occidentale, dai suoi esordi lungo le coste dell’Asia Minore sino alle riflessioni più recenti, quasi tutti i filosofi hanno dovuto confrontarsi con una connaturata all’essere umano: la libertà. Questa libertà non dev’essere intesa primariamente come libertà di fare, libertà di pensare o libertà di esprimere i propri diritti – tutte forme legittime ed oggi particolarmente in voga – ma, piuttosto, come quella libertà che si pone alla base di ogni altra forma di agire libero, ovvero: la libertà del volere o, per utilizzare un termine esclusivo della riflessione filosofica, il libero arbitrio. Sin dalla scuola atomista, infatti, passando poi per Aristotele ed Epicuro, il problema della libertà si è imposto prepotentemente all’uomo e alla donna dell’Antica Grecia lasciando che questi s’interrogassero se fossero loro gli autori delle proprie azioni o se tale ruolo fosse espropriato ora dal Fato ora dalle fluttuazioni degli atomi. La più compiuta tematizzazione della questione del libero arbitrio si ebbe però nei primi secoli della teologia cristiana, in particolare grazie all’opera di Agostino d’Ippona. Fu così che per tutta l’Evo Medio i teologi ebbero di che disquisire: se il Dio, padre di Gesù Cristo, è un Dio buono e provvidente ma anche onnisciente, possiamo essere ritenuti noi gli artefici del nostro futuro? o siamo solo pedine nelle mani di questo Dio creatore? È noto come le risposte a tali domande siano state molteplici, anche se potremmo polarizzarle attorno a due opere, redatte nel corso del Cinquecento, che già nel titolo rendono manifesto l’orientamento della * PhD Candidate - Facoltà di Teologia di Lugano & Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.  Cristiano Calì dottrina ivi contenuta: il De libero arbitrio dell’umanista Erasmo da Rotterdam, e il De servo arbitrio del grande riformatore Martin Lutero. Queste controversie – che individuavano sempre in un’entità soprannaturale, in grado di interrompere e modificare il corso della natura, la minaccia per la libertà degli esseri umani – raggiunsero il loro acme al termine del XVI secolo con la disputa teologico-filosofica detta de auxiliis, che obbligò i filosofi a riconoscere l’impasse nella quale questo problema sembrava costantemente riportare. Come spesso accade però il momento di maggior attenzione coincide anche con quello dell’inizio del declino. Il XVI secolo, infatti, può essere definito non soltanto come il punto di arrivo delle questioni teologiche, ma anche come il vero e proprio ævum philosophicum in riferimento alla questione del libero arbitrio. Fu in quel periodo, infatti, che si avviò il processo di secolarizzazione che investì anche l’argomento della libertà: emancipandolo quasi del tutto dalle preoccupazioni teologiche – ancorché ritracciabili in autori come René Descartes, Blaise Pascal e persino in Thomas Hobbes – per trasferirlo sul piano prettamente scientifico. Complici le scoperte di Galileo Galilei e di Isaac Newton, e compiutosi ormai l’anelito rinascimentale restio a introdurre un’entità divina ad ogni piè sospinto, la nuova scienza divenne il paradigma con cui confrontare le acquisizioni filosofiche. Tale banco di prova non fu risparmiato nemmeno al tema della libertà, che doveva ora commisurarsi al rigido determinismo meccanicistico, il quale, postulato da Hobbes e provato da Newton, sarebbe stato ulteriormente confermato dalle scoperte scientifiche del Sei-Settecento. Sono questi secoli a costituire un momento storico cruciale per la comprensione della libertà, dal momento che il carattere necessitante che la nuova fisica tendeva ad attribuire alla legalità naturale poteva essere tanto contestato quanto affermato, assai più facilmente, e correndo molti minori rischi, di quanto non si potesse fare con le perfette e ineludibili prerogative divine . Da quel momento in poi la questione teologico-filosofica del libero arbitrio divenne una questione scientifica in senso stretto: sarà indagata con il metodo empirico, dovrà combaciare con le mi Cfr. M. D C, Azione, il Mulino, Bologna , p. . Libertà come spazio liminale  gliori descrizioni fisiche del mondo, potrà essere rimossa qualora non si mostrasse conciliabile con l’impianto meccanicistico proprio dell’essere umano, a cui Descartes aveva accennato e che gli scienziati dopo di lui avevano esasperato. Prendendo le mosse da quel periodo per giungere quindi ai tempi più recenti, si cercherà, nel corso di questo contributo, di fornire sinteticamente le coordinate storiche dell’evoluzione della problematica del libero arbitrio in ambito prettamente scientifico, per tentare, alla fine, di comprendere se questo approccio abbia condotto a progressi notevoli o non abbia piuttosto riportato all’impasse nella quale erano giunti i filosofi del Cinquecento. Un tale approccio, che vuole vedere diacronicamente come una questione filosofica sia stata affrontata dalle scienze empiriche, appare doveroso dal momento che da più parti è stata decretata la morte della filosofia, almeno nella sua missione teoretica, perché «è la fisica, e non la filosofia, a stabilire nel mondo moderno ‘che cosa esiste’». Se questo giudizio sembra decretare la fine dei discorsi metafisiIsaac Newton. ci, esso lo fa a fortiori per la questione della libertà. Infatti, nel momento in cui assumiamo che la fisica ha valenza metafisica, ogni discorso sulla libertà dell’essere umano diviene superfluo, salvo qualche concessione sul piano dell’etica pratica. Reputo pertanto utile cogliere le intersezioni che la filosofia da un lato e la scienza dall’altro hanno avuto e continuano ad avere su una realtà, quella della libertà, della quale – volenti o nolenti, liberi o no – facciamo tutti quotidiana esperienza.  M. D F, Introduzione alla filosofia della mente, Carocci, Roma , p. .  Cristiano Calì Questo excursus storico, tuttavia, non ha la pretesa di entrare nelle singole dottrine degli autori che via via s’incontreranno, anche in ragione del fatto che la letteratura sul libero arbitrio è sterminata e non meno sconfinata è quella sugli argomenti ad esso correlati. Scopo precipuo del presente lavoro è di fornire una visione sintetica di come la problematica del libero arbitrio sia stata affrontata costantemente e trasversalmente da parte della comunità scientifica e, soprattutto, da parte di coloro che appartengono alle cosiddette scienze dure. Alla luce di ciò non si farà volutamente riferimento – salvo quando indispensabile – a quegli autori che hanno approcciato la questione dal punto di vista strettamente filosofico. Nel fornire le coordinate generali di questo percorso storico si rimanderà, pertanto, ad alcune opere che possano risultare utili per l’approfondimento. . La fisica classica e il determinismo Il primo vero approccio scientifico al problema del libero arbitrio lo si rintraccia nella prima modernità, quando, rimosso il problema della prescienza divina, si configurò un altro fantasma per la libertà umana, spettro che tutt’oggi aleggia su di essa: il determinismo fisico. Per comprendere la piena affermazione di questa forma di determinismo è utile accennare ad alcuni elementi che hanno costituito le fondamenta di una dottrina così antica: la rimozione della causa finale dalla descrizione del  Sarebbe impossibile dire in questo contesto la storia del concetto di determinismo. Introduco qui la specificazione di fisico – che più avanti sarà omessa – per distinguerlo da altre forme di determinismo, fra cui quello teologico, che non è stato e non è meno problematico per il nostro discorso. Per un’introduzione generale si veda, M. P, Il determinismo: storia di un’idea, Carocci, Roma . Per il determinismo medievale, cfr. R. F - R. L, Metter le brache al mondo. Compatibilismo, conoscenza e libertà, Jaca Book, Milano . Per il determinismo moderno e contemporaneo: cfr. A. K, L’Idée du déterminisme dans la physique classique et dans la physique moderne, Le livre de poche, Paris  (ed. it. L’idea di determinismo nella fisica classica e nella fisica moderna, a cura di M. Sellito, Adelphi, Milano ).  La teoria deterministica si rintraccia già agli albori della filosofia. Talete e Leucippo prima, [cfr. M. A (ed.), Atomisti antichi. Testimonianze e frammenti secondo la raccolta di H. Diels e W. Kranz, Rusconi, Santarcangelo di Romagna , in particolare le pp. -] e Democrito dopo, la formularono e la applicarono non soltanto al mondo naturale ma anche alla sfera delle azioni umane. All’interno della stessa concezione atomistica, tuttavia, fu Epicuro a ventilare per Libertà come spazio liminale  mondo, operata da Francis Bacon , e l’inaugurazione – da parte di Galileo Galilei – della felice metafora secondo la quale il libro della natura è scritto in caratteri matematici, metafora con la quale si anticipava l’idea secondo cui l’ordine naturale è identico all’ordine matematico: perfetto, necessario, calcolabile e misurabile. L’attestarsi del determinismo, infatti, fu la naturale conseguenza dell’univoca affermazione della causalità efficiente su tutte le altre forme di causalità aristotelica. Soltanto essa doveva essere ricercata, tant’è che Descartes poteva dire: «Non esiste cosa alcuna della quale non sia lecito domandare perché esista, ossia ricercarne la causa efficiente» . A Descartes si deve anche un altro dei capisaldi del determinismo: il meccanicismo che governa la materia, e quindi la natura. Tutto ciò che attiene al mondo materiale, infatti, si muove – in questa impostazione – secondo regole universali e necessarie. Così configurato il determinismo assunse anche i connotati del materialismo: tutti i corpi presenti nel mondo sono riconducibili ad un unico tipo di materia, che può essere descritta con le proprietà geometrico-matematiche (in quanto con esse identificabile), e tutti i corpi seguono nel loro movimento leggi di natura universali e necessarie. Questo insieme di fattori fece sì che il mondo prospettato dalla scienza del XVI secolo fosse un mondo «in cui non vi è più alcuno spazio per le eccezioni, nemmeno per quelle eventualmente messe in atto da Dio – i primo l’ipotesi che la rigida legge deterministica potesse, ogni tanto, subire una deviazione, pur sempre originata dagli atomi [L, De rerum naturæ, II, , in E, Opere, a cura di M. Isnardi Parente, Utet, Torino , pp. -]. Saranno poi gli stoici ad affermare un inflessibile determinismo del mondo [cfr. l’interessante saggio di S. B, Did Epicurus Discover the Free Will Problems?, in D. S (ed.), Oxford Studies in Ancient Philosophy, Oxford University Press, Oxford/NY , , pp. -]. Appare quindi come già nei primi secoli della storia della filosofia si condensasse, pressoché nella sua totalità, l’intera problematica del libero arbitrio.  «Ma l’intelletto, incapace di fermarsi, tende ad universali ancor più noti, e mentre cerca cause ulteriori, ricade in quelle più prossime, cioè nelle cause finali, le quali […] hanno corrotto la filosofia in mille modi» F. B, Novum Organum sive indicia vera de interpretatione naturæ, , I,  (ed. it. Nuovo organo o veri indizi dell’interpretazione della natura, in I., Opere filosofiche, a cura di E. de Mas, Laterza, Bari ), pp. -.  Per lo sviluppo storico della nozione di causa e della relazione di causalità, cfr. R. C, La causalità tra filosofia e scienza, Archetipolibri, Bologna .  R. D, Meditazioni metafisiche. Prime risposte, , in I., Opere -, a cura di G. Belgioioso, Bompiani, Milano , p. .  Cristiano Calì miracoli», né per quelle messe in atto dal soggetto agente. Al culmine di questo cammino si colloca Newton. La vera e propria critica alla nozione di libero arbitrio, sul versante delle scienze naturali, giunse, infatti, tra il XVII e il XVIII secolo con l’affermarsi, sulla scorta dei principi di Newton, di leggi fisiche rigidamente deterministiche. Se Newton aveva intuito «che la materia fisica dell’universo – cioè tutto – opera secondo una serie di leggi immutabili e conoscibili» , la comprensione più intuitiva del libero arbitrio presuppone, invece, la capacità – da parte dei pensieri del soggetto (per usare una nomenclatura consona per quel tempo: successivamente si sarebbe parlato di stati psicologici o di eventi mentali) – di agire sul mondo fisico. Un tale resoconto, tuttavia, colliderebbe con molti dei principi newtoniani, non ultimo il principio di chiusura causale. Quest’ultimo – che non è un principio fisico ma deriva dalla scienza fisica – non può essere eluso, pena la falsificazione di tutte, ma proprio tutte, le teorie della fisica classica, nonché la negazione della stessa possibilità di avere una teoria fisica completa ed esauriente per tutti i fenomeni fisici. C’è da osservare tuttavia, sulla scorta di Popper, che la teoria fisica di Newton non aveva la benché minima pretesa di ergersi a dottrina metafisica: era lo stesso Newton a riconoscere un ordine finalistico non intrinseco ma estrinseco – in quanto dato da Dio – nel mondo. Era sempre Newton, inoltre, a ritenere che la libertà degli esseri umani dovesse essere intesa come un potere della mente di dirigere i moti del corpo, e questo potere sarebbe innegabile . Ciononostante, l’immenso successo che i principia newtoniani ebbero per l’ambito fisico fece sì che quei principi venissero estesi all’intero dominio del reale, libertà compresa. M. P, Il determinismo: storia di un’idea, cit., p. . M. S. G, Who’s in Charge?, Harper Collins, New York  (ed. it. Chi comanda?: scienza, mente e libero arbitrio, a cura di S. Inglese, Codice, Torino ), p. .  Cfr. I. N, Unpublished Scientific Paper of Isaac Newton, a cura di R. Hall e M. Boas Hall, Cambridge University Press, Cambridge , p. .  K. R. P, Of Clouds and Clocks. An Approach to the Problem of Rationality and the Freedom of Man, University, St. Louis, Washington  (ed. it. Nuvole ed orologi. Saggio sul problema della razionalità e della libertà dell’uomo, in I., Conoscenza oggettiva. Un punto di vista evoluzionistico, a cura di A. Rossi, Armando Editore, Roma ), p. .   Libertà come spazio liminale  Già nel Traité de la liberté de l’âme del , di Bernard le Bovier de Fontenelle, emerge un determinismo fisiologico alla cui base vi è l’anima materiale. Per Fontenelle quando io scrivo, lo faccio perché voglio, e se non volessi scrivere non lo farei, ma nel momento in cui scrivo c’è nel mio cervello una disposizione materiale che mi porta a voler scrivere, di modo che non posso realmente non volerlo, questo è necessario e non ha alcuna libertà, così ciò che è volontario è nello stesso tempo necessario, e quel che è senza libertà non presenta tuttavia obbligo . L’incompatibilità tra determinismo fisico e quella libertà che aveva riconsegnato la tradizione cristiano-cattolica sarà quindi sostenuta da autori come Anthony Collins e Voltaire . Ma l’apice di questo percorso si rintraccia nel  con l’opera L’Homme machine di Julien Offray de La Mettrie, per il quale non solo noi siamo schiavi del determinismo ma è anche un bene che lo siamo. La Mettrie, il quale in maniera analitica estende il meccanicismo hobbessiano anche ai processi psichici dell’uomo, potrebbe anche essere definito come il padre di quanti oggi, in filosofia della mente, sostengono la tanto fortunata analogia dell’uomo-computer, secondo la quale – nella prima formulazione ad opera di Turing – un uomo e un computer sarebbero indistinguibili per i loro comportamenti esternamente osservabili. Tutti i filosofi e gli scienziati di quell’epoca si collocheranno, quindi, sulle medesime posizioni: Denis Diderot, Claude-Adrien Helvétius, Jean Baptiste Le Rond d’Alembert, Paul Henri Thiry d’Holbach. Proprio in alcune citazioni di due di questi autori è possibile cogliere il clima dell’epoca in riferimento alla facoltà della libertà umana. Per il barone d’Holbach l’uomo è un essere totalmente fisico, e anche la vita morale di questi rien B.  B. F, Traité de la liberté de l’âme, in I., Oeuvres complètes, Paris , II, (ed. it. Trattato sulla libertà dell’anima, in I., Sull’origine delle favole, Sulla felicità, Trattato sulla libertà umana. Testo francese a fronte, a cura di E. Pozzi, La Vita Felice, Milano ), p. .  Sia nel Trattato di metafisica, come negli Elementi della filosofia di Newton e ancora nel Dizionario filosofico e Filosofo ignorante, Voltaire ha affrontato il tema della libertà, spesso cambiando la propria prospettiva. Per un’introduzione, cfr. M. C, Introduzione, in V, Il filosofo ignorante. Testo francese a fronte. Introduzione, traduzione, note e apparati di M. Cosili, Rusconi, Milano , pp. -. Cfr. anche S. N, Determinismo e libero arbitrio da Cartesio a Kant, Loescher, Torino .  Cristiano Calì tra necessariamente nel dominio della fisica. Stando così le cose, Diderot poteva dire senza mezzi termini che «La parola libertà è priva di senso; che non vi sono affatto, né possono esservi esseri liberi» . Nonostante questi sforzi teoretici, tuttavia, la domanda sulla libertà rimane, supportata – di fatto – da ogni singola esperienza quotidiana. Se tutto è determinato, secondo catene rigidamente causali che si susseguono dall’istante iniziale dell’universo, com’è possibile parlare ancora di un uomo che sia libero e non determinato tanto nella sua azione che nella sua deliberazione? Sarà Immanuel Kant ad accennare una soluzione. È interessante notare come proprio a lui si debba, in maniera forse paradossale, l’innalzamento agli onori degli altari della pratica filosofica di questa dottrina. Per Kant, infatti, ogni fenomeno, e quindi anche le azioni, sono precedute da cause sufficienti, che a loro volta sono cause sufficienti di altri eventi. Il determinismo però, nella visione di Kant, è un determinismo naturale o sarebbe meglio dire un determinismo che attiene al mondo fenomenico; in quello noumenico, infatti, il determinismo non trova cittadinanza. Entrare nell’argomentazione che Kant fa del rapporto tra determinismo e libertà umana – una libertà piena e ambiziosa peraltro – sarebbe un compito problematico in questo contesto, si deve però riconoscere al  «L’uomo non è che è una lunga successione di movimenti necessari e connessi […]. Per quanto meravigliosi, per quanto nascosti, per quanto complicati appaiano i modi di agire, […] tutte le sue operazioni […] sono regolate costantemente dalle stesse leggi che la natura prescrive a tutti gli esseri che fa nascere» P.-H. T. ’H, Système de la Nature ou Des Loix du Monde Physique et du Monde Moral,  (ed. it. Il sistema della natura, a cura di Negri, UTET, Torino ), pp. -.  D. D, Lettre à Paul Landois ( juin ),  (ed. it. Lettera a Landois, in I. Opere filosofiche, romanzi e racconti, a cura di P. Quintili e V. Sperotto, Bompiani, Milano , p. .  Sebbene egli intenda lo svolgersi naturale dei fenomeni come rigidamente deterministico, non applicherà la medesima legge alle azioni umane. Si noti, curiosamente, come fu Immanuel Kant il primo – paradossalmente – a fare uso del lemma determinismo, utilizzandolo tuttavia in modo opposto all’usuale accezione. Kant utilizzerà, infatti, il termine determinismo per indicare il potere di determinazione che il soggetto detiene sulle proprie azioni. «Determinismus (de, Satze der Bestimmung der Willkür durch innere hinreichende Gründe)» I. K, Die Religion innerhalb der Grenzen der bloßen Vernunft, , (ed. it. La religione nei limiti della ragione. Testo tedesco a fronte, a cura di M. Roncoroni e V. Cicero, Rusconi, Milano ), pp. -. Libertà come spazio liminale  padre del criticismo il merito di aver abbracciato il determinismo naturale rammentando sempre che esso è un’ipotesi e in quanto tale può essere soggetta alla verificabilità. Su questa base, di fatto, si fondano ancora oggi tutte le teorie del libero arbitrio che vanno sotto il nome di compatibilismo classico , per le quali la libertà del soggetto umano è in linea di principio compatibile col determinismo senza per questo prendere posizione necessariamente sulla verità di quest’ultimo. La consapevolezza della probabilità e non della necessità del determinismo, tuttavia, mancava quasi del tutto negli autori coevi al grande filosofo tedesco, primo fra tutti in Pierre Simon Laplace. Sarà, infatti, nell’Essai philosophique sur les probabilités di Laplace che si troverà la formulazione più compiuta della necessità naturale alla quale ogni evento, anche il più infimo, soggiace. Laplace postula un’uniformità ontologica per la quale non esistono fenomeni differenti o emergenti ma tutto – all’interno del rigido schema meccanicistico – può essere ridotto alla somma delle sue parti. Le probabilità di cui parla l’autore sono, allora, intese non come la descrizione del mondo stesso – prospettiva che sarà assunta dalla meccanica novecentesca – ma come un mezzo per giungere alla conoscenza della struttura deterministica del mondo. È particolarmente significativa la citazione del famoso genio (o demone) teorizzato dall’autore francese: Dobbiamo dunque considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo stato anteriore e come la causa del suo stato futuro. Un’intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte le forze da cui è animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se per di più fosse abbastanza profonda per sottomettere questi dati all’analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei più grandi corpi dell’universo e dell’atomo più leggero: nulla sarebbe incerto per essa e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi. Lo spirito umano offre, nella perfezione che ha saputo dare all’astronomia, un pallido esempio di quest’Intelligenza. Per un’introduzione alle diverse forme del compatibilismo contemporaneo, che prendono le mosse dal compatibilismo classico, cfr. S. F. M, Teorie della libertà. La discussione contemporanea, Carocci, Roma , in particolare il cap. .  P. S. L, Essai philosophique sur les probabilités,  (ed. it. Saggio filosofico sulle probabilità, in I., Opere, a cura di O. Pesenti Carbusano, UTET, Torino , p. .   Cristiano Calì Nel riportare questo esempio, che è divenuto vero e proprio termine ad quem per tutti coloro che negano la libertà a partire dal determinismo, al quale è collegato – in una concezione a mio dire erronea – anche il corollario della prevedibilità, ci si dimentica troppo spesso che Laplace era al contempo persuaso dell’impossibilità di raggiungere questo ideale conoscitivo. L’autore francese, infatti, era consapevole tanto dell’irrealizzabilità di questo genio, quanto dell’impossibilità per l’essere umano di pervenire a una comprensione totale del reale (e qui si legge la critica razionalismo). Sarà solo con Max Planck. l’opera di Emil Du Bois Reymond, che le opere di Laplace verranno lette come finalizzate a raggiungere l’ideale della scienza attraverso la conoscenza meccanicistica. L’impossibilità di raggiungere questo grado di conoscenza, tuttavia, come nota Max Planck, non sarebbe soltanto epistemologica: L’impossibilità di sottoporre il proprio attuale io alla legge causale ha radici assai più profonde, è di origine logica come il principio, […], che una parte non può mai essere più grande che il tutto. È un’impossibilità a cui non potrebbe sottrarsi nemmeno la più alta intelligenza, nemmeno una mente laplaciana. Quand’anche questa potesse spiegare in modo perfettamente causale le più geniali attività di un cervello umano, la sua arte fallirebbe immediatamente se volesse applicare la legge causale al suo proprio pensiero . Sarebbe interessante cogliere anche le affinità della proposta laplaciana con quanto inizialmente ipotizzato da Alan Turing e poi ripreso da  M. P, Kausalgesetz und Willensfreiheit,  (tr. it. in I. Libero arbitrio, a cura di P. Benanti, Castelvecchi, Roma ), p. . Libertà come spazio liminale  Gilbert Ryle, Karl Popper e dal fisico Donald MacCrimmon MacKay , per i quali nessun sistema di elaborazione di informazioni può avere al proprio interno la descrizione completa di sé stesso. In quest’ottica anche qualora riuscissimo a costruire il famoso demone di Laplace, questi avrebbe un orizzonte epistemico sempre limitato, dal momento che non potrebbe predire le sue stesse azioni . Una considerazione di tal genere assume maggiore pregnanza nel discorso sul libero arbitrio, perché sovente un’altra confusione che si rintraccia nella letteratura è quella tra determinismo e fatalismo (o necessitarismo) da un lato, e tra determinismo fisico o determinismo teologico dall’altro. Per l’importanza che la prospettiva di Laplace ha avuto nei dibattitti sul libero arbitrio, risulta particolarmente significativo il commento che Benjamin Libet – neurofisiologo pioniere degli studi sull’atto motorio volontario – ha fatto della proposta laplaciana del genio in grado di prevedere il futuro in quanto conoscitore del passato e delle leggi che regolano la natura: Questa affermazione non può essere controllata nella pratica, dal momento che non siamo in grado di descrivere i dati relativi all’astronomico numero di molecole cerebrali; […] anche se potessero essere soddisfatte le condizioni richieste dalla classe, si vedrebbe solo una configurazione molecolare ma nessun fenomeno mentale . Questo giudizio, formulato molti secoli dopo e con conoscenze molto più accurate sulla struttura cerebrale di quelle che si avessero al tempo di Laplace, è utile per notare come la teoria fisica del determinismo abbia sin da subito assunto connotati metafisici nel volere descrivere il reale.  G. R, The Concept of Mind, Barnes and Noble, New York  (ed. it. Lo spirito come comportamento, a cura di F. Rossi-Landi, Torino, Einaudi, ; K. R. P, Indeterminism in Quantum Physics and Classical Physics, British Journal for the Philosophy of Science,  (), pp. ; D. M. MK, On the Logical Indeterminacy of a Free Choice, Mind,  (), pp. -; I., Freedom of action in a mechanistic universe, Cambridge University Press, London .  Cfr. D. C. D, Freedom Evolves, Viking Press, New York  (ed. it. L’evoluzione della libertà, a cura di M. Pagani, Raffaello Cortina, Milano ), p. .  B. L, Mind Time. The Temporal Factor in Consciousness, Harvard University Press, Cambridge/MA  (ed. it. Mind time: il fattore temporale nella coscienza, a cura di P. D. Napolitani, Raffaello Cortina, Milano ), p. .  Cristiano Calì Prova ne è che nel campo più ristretto del problema della libertà, il meccanicismo deterministico di Laplace trovò sua sistematizzazione in un’opera del , di Alexander Herzen, il quale, nella sua Analisi fisiologica del libero arbitrio, aveva la pretesa di spiegare le azioni umane in modo prettamente meccanicistico, sostenendo che il libero arbitrio sia solo un’illusione soggettiva, e divenendo così precursore della teoria psicologica dell’illusione della volontà cosciente formulata nei primi anni  dallo psicologo di Harvard Daniel Wegner. Il determinismo rimase, di fatto, il cuore e il paradigma di ogni teoria scientifica per tutto l’Ottocento , forte delle straordinarie scoperte che si realizzarono in quel secolo. In quel periodo esso divenne anche la base sulla quale muovere un ulteriore passo: la riduzione di ogni evento o teoria alle le scienze empiriche. Il determinismo descrive quindi la struttura della realtà, sia che si tratti di eventi naturali sia delle azioni del soggetto umano, e poco conta se non si arriverà mai a creare il genio laplaciano per un limite costitutivo. Si escludeva del tutto «l’esistenza di ordini di realtà non riducibili all’ordine meccanico» e, di conseguenza si eliminava – come fece il fondatore della medicina sperimentale Claude Bernard – la possibilità di distinguere due domini, come aveva proposto Kant, in cui rispettivamente agiscono gli eventi e le azioni. In questo quadro abbastanza omogeno, d’impronta non solo deterministica ma anche riduzionistica, si collocano alcuni saggi dagli anni ’ dell’Ottocento che emergono con una certa novità in quel panorama, per il loro tentativo di conciliare determinismo e libero arbitrio . La novità è costituita dal fatto che questi saggi – che a quanto mi risulta hanno rice Si pensi a: Herschel, Comte, Mill, Bernad, Du Bois Reymond, Maxwell, James, Boltzamm, Poincarè.  P. D, Causa-effetto, il Mulino, Bologna , p. .  Questi interventi furono prodotti soprattutto in Francia e in Belgio, Cfr. A. C, Traité de l’enchaînement des idées fondamentales dans les sciences et dans l’histoire, Hascette, Paris ; E. N, La liberté, Bibliothèque Universelle et Revue de la Suisse,  (), pp. ; J.-C. B  S-V, Accord des lois de la mécanique avec la liberté de l’homme dans son action sur la matiére, Comptes rendus des séances de l’Académie des Sciences,  (), pp. -; J. B, Conciliation du véritable déterminisme mécanique avec l’existence de la vie et de la liberté morale, Gauthier-Villars, Paris . Sui contributi franco-belga di questo periodo è in corso un progetto di ricerca. Libertà come spazio liminale  vuto una scarsissima attenzione nella letteratura scientifica sull’argomento – non furono redatti soltanto da filosofi, ma anche da due eminenti matematici, che, nonostante il clima scientista dell’epoca, si cimentarono nell’atavica conciliazione di determinismo e libertà. Cosa ancora più sorprendente è che questi scritti si collochino poco prima dell’exploit scientifico del grande Albert Einstein, il quale corroborò con le sue teorie della relatività la prospettiva deterministico-meccanicistica della meccanica newtoniana. Nelle due teorie della relatività, infatti, – a dispetto dell’etichetta che, forse impropriamente, fu loro attribuita – è sostenuta, attraverso leggi espresse sotto forma di equazioni differenziali, la possibilità di determinare in maniera esatta in ogni istante futuro, o passato del tempo, la posizione e la velocità di una particelAlbert Einstein. la, schematizzata con un punto materiale, qualora si conoscano la legge della forza agente sul punto e le condizioni iniziali, cioè la posizione la velocità della particella in un istante assegnato del tempo . Nell’intento di Einstein vi era sia l’intenzione di rintracciare leggi universali sia la volontà di conciliare settori diversi della stessa scienza fisica: Quanto più un uomo è conscio della regolarità di tutti gli eventi tanto più salda diventa la sua convinzione che non vi è posto, accanto a questa regolarità ordi Adhémar-Jean-Claude Barré de Saint-Venant (-) fu membro per la sezione meccanica dell’Académie des Sciences, ed è considerato uno dei fondatori della teoria dell’elasticità. Joseph Valentin Boussinesq (-) – al quale si deve lo studio del flusso di Boussinesq e l’introduzione del numero di Boussinesq – fu professore di meccanica dei fluidi prima a Lille e poi a Parigi.  A. S, Determinismo, in E. S - A. T (eds.), Enciclopedia di Bioetica e Scienza giuridica, Edizioni scientifiche italiane, Napoli , IV, p. .  Cristiano Calì nata, per cause di natura differente. Per lui né la legge della volontà umana né la legge della volontà divina esistono come causa indipendente di eventi naturali . In quest’ottica la libertà dell’uomo è soltanto un’illusione, giacché sarebbe assurdo pensare che le leggi di natura deterministica si interrompano dinanzi al soggetto agente. Ad una tale conclusione era giunto un paio di secoli prima Voltaire, per il quale: Sarebbe ben singolare che tutta la natura, tutti gli astri obbedissero a delle leggi eterne; e che vi fosse un animaletto, alto cinque piedi, il quale, a dispetto di tali leggi, potesse agire come meglio gli garbasse, e solo a suo libito . Il quadro complessivo che ci riconsegna questo vasto periodo storico è quello di un determinismo secondo cui lo stato del mondo in un momento dato, più le leggi della natura, determina in modo univoco lo stato del mondo in qualunque altro momento. […] Data una specificazione esaustiva dello stato fisico dell’universo in un dato momento, unita a una perfetta conoscenza delle leggi fisiche, in linea di principio si potrebbe predire con certezza lo stato fisico dell’universo in qualunque momento . Affermare che gli eventi sono causalmente determinati da altri eventi, equivale a sostenere che, all’interno di una catena causale rigidamente chiusa, i primi determinano i secondi secondo un rapporto di causa-effetto; l’evento-effetto si costituirà quindi, ad un tempo, come effetto necessitato da altri eventi e causa sufficiente di altri eventi. Nel momento, poi, in cui questa forma di determinismo causale viene universalizzato e assume le forme di una tesi ontologica, sembrerebbe ovvio il venir meno della normale intuizione di libertà. Se, infatti, «la descrizione dello stato del mondo in un certo istante, congiunta con la proposizione che specifica tutte le leggi di natura, implica la descrizione dello stato del mondo in ogni istan A. E, Out of my later years, Greenwood Press Publishers, Westport  (ed. it. Pensieri degli anni difficili, a cura di C. Castagnoli, Bollati Boringhieri, Torino ), pp. -.  V, Le philosophe ignorant,  (ed. it. Il filosofo ignorante, in I., Scritti filosofici, a cura di P. Serini, Laterza, Bari ), I, p. .  A. L. R, Esiste la libertà se decidono i nostri neuroni?, in M. D C - A. L G. S (eds.), Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio, Codice Edizioni, Torino , p. . Libertà come spazio liminale  te successivo» , non si vede quale possa essere per il soggetto agente la possibilità di scelta fra vari corsi d’azione, requisito necessario perché possa esercitarsi la facoltà della libera volontà . Questo resoconto, inoltre, rende possibile (almeno in linea di principio e fatte salve alcune perplessità alle quali si è già avuto modo di accennare) prevedere ogni evento che si darà nel mondo qualora – per citare nuovamente Laplace – vi fosse un’intelligenza universale che abbia contezza dello stato dell’universo in un certo momento e di tutte le leggi di natura . Questa quadro, tuttavia, fu radicalmente sconvolto appena dieci anni dopo dall’enunciazione della teoria della relatività generale, dalla formulazione della nuova meccanica. . L’avvento della meccanica quantistica La nuova meccanica dei quanti, almeno nelle sue prime formulazioni ad opera di Niels Bohr, non sembrò mettere a repentaglio la struttura deterministica del mondo nemmeno a livello atomico; furono però proprio i lavori di questi, e quelli coevi di Planck, a preparare la strada a quel  che sembrò segnare la fine del dominio deterministico: la formulazione del principio di indeterminazione di Heisenberg, col quale si passava dalla ferrea regolarità alla probabilità . Il principio di indeterminazione so M. D C, Libero arbitrio. Un’introduzione, Laterza, Roma-Bari , pp. -. Per il dibattito circa la controversa nozione di determinismo cfr. J. E, A Primer on Determinism, Reidel, Dordrecht ; T. H, A Theory of Determinism, Oxford University Press, Oxford ,  voll.; e in modo particolare R. C. B, Chaos, Indeterminism, and Free Will, in R. K (ed.). Free Will, Blackwell, Oxford , pp. -.  Come si è avuto modo di accennare all’inizio di questo contributo, si prescinde qui dalla comprensione della libertà intesa come libertas a coactione, ma si assume la nozione di libero arbitrio nel significato più ampio, come liberum voluntatis arbitrium.  Cfr. A. J. A, Freedom and Necessity, Polemic,  () pp. - (ed. it. Libertà e necessità, in M. D C (ed.), La logica della libertà, Mimesis, Milano-Udine ), p. ; K. P, The Open Universe: An Argument for Indeterminism From the Postscript to The Logic of Scientific Discovery, Hutchinson, London  (ed. it. Poscritto alla Logica della scoperta scientifica. : L’universo aperto. Un argomento per l’indeterminismo, a cura di A. Artosi, il Saggiatore, Milano ), p. .  Per l’impatto che il principio di indeterminazione ebbe in filosofia, basti citare, uno per tutti, M. S, Lineamenti di filosofia della natura, in I., Tra realismo e neopositivismo, il Mulino, Bologna, pp. -. Per una visione sintetica della questione cfr. H. P. S, Quantum Theory and the Role of Mind in Nature, Foundations of Physics,  (), pp. -.  Cristiano Calì stiene, infatti, che vi è una impossibilità di determinare congiuntamente la posizione e la velocità di una particella, o di altre grandezze coniugate. Tale impossibilità è una caratteristica intrinseca ai fenomeni, i quali allora dovranno essere interpretati necessariamente in senso probabilistico. Questa comprensione dell’indeterminismo come essenziale, sostanziale e strutturale, è legata all’interpretazione standard, la cosiddetta interpretazione di Copenaghen. In questa prospettiva la situazione di incertezza, che può essere alleviata solo ricorrendo alla statistica, non è una condizione meramente epistemologica, dovuta alla nostra ignoranza, ma è una condizione ontologica che dipende dall’illegittimità di separare il nostro sguardo, la nostra presenza all’interno del sistema che consideriamo – la natura – dal sistema stesso, di leggere cioè la natura come un sistema chiuso . L’indeterminismo, nell’interpretazione di Copenaghen, non è quindi legato a un’impossibilità pratica, ma è una vera e propria legge di natura, un’impossibilità di principio iscritta nella natura. L’interpretazione standard, tuttavia, non è pacificamente accettata da tutti , e lo stesso Einstein si era espresso negativamente in favore di una lettura ontologica dell’indeterminismo quantistico, formulando piuttosto l’ipotesi che la teoria quantistica fosse ancora incompleta, e aprendo così la strada alla formulazione di un indeterminismo semplicemente epistemico . C’è da notare inoltre che quanti propendono per un’interpretaM. P, Il determinismo, cit., p. . Per un’introduzione a queste questioni, R. F, The Character of Physical Law, MIT press, Cambridge/Ma-London  (ed. it. La legge fisica, a cura di L. Radicati di Bròzolo, Bollati Boringhieri, Torino ), in particolare il cap. ; F. S, La causalità impossibile. L’interpretazione realistica della fisica dei quanti, Jaca Book, Milano ; J. Al-K, Quantum. A Guide for the Perplexed, Weidenfeld & Nicolson Ltd., London  (ed. it. La fisica dei perplessi. L’incredibile mondo dei guanti, a cura di L. Servidei, Bollati Boringhieri, Torino ). Ringrazio Cristian Fargetta per avermi indicato alcuni preziosi suggerimenti bibliografici in merito.  Per quanti sostengono la teoria delle variabilità nascoste, ad esempio, ci sarebbe solo imprevedibilità ma non indeterminismo. Per un breve commento a queste interpretazioni, Cfr. C. L, Why Free Will Is Real, Harvard University Press, Harvard  (ed. it. Il libero arbitrio. Una realtà contestata, tr. it. a cura di V. Santarcangelo, Einaudi, Torino ), pp. -. Per quanti tra i filosofi non ritengono indeterministica la meccanica quantistica, cfr. V. A - M. D- F. L - N. Z, La Natura delle cose. Un’introduzione ai fondamenti e alla filosofia dello spazio e del tempo, Carocci, Roma .   Libertà come spazio liminale  zione della completezza della meccanica quantistica, nondimeno concordano nel dire che si può parlare di un determinismo quantistico, un «determinismo probabilistico che fa riferimento alla realtà ontologica non più costituita da punti in movimento» . In questa lettura anche lo stesso concetto chiave di funzione d’onda avrebbe un’evoluzione completamente deterministica, provata nell’equazione di Schrödinger . Prescindendo da questioni così complesse, mi preme notare come per la discussione filosofica in generale, e per quella sul libero arbitrio in particolare, la meccanica quantistica apparve una rivoluzione che «si prestava a operazioni filosofiche e culturali di grande portata» . Il principio di indeterminazione, infatti, sembrò invalidare del tutto l’ideale epistemico proposto da Laplace, e sul piano ontologico sembrò far uscire l’indeterminismo – ovvero lo spazio del contingente – dall’oblio necessitarista legato al determinismo. Con l’avvento della teoria dei quanti sembrò venir meno la celebre metafora – molto in voga all’interno delle descrizioni deterministiche – secondo la quale la nostra esistenza sarebbe come una pellicola già girata: il finale è prestabilito ancor prima che noi ci sediamo al cinema a guardare il film della nostra vita. La meccanica quantistica (nella sua interpretazione standard) sembrò ribaltare la situazione, dal momento che la probabilità e non la necessità sarebbe una costituente genuina della struttura dell’universo: se un determinato fotone avesse girato a sinistra un istante fa, e se il tempo fosse riavvolto all’indietro di un paio d’istanti [come la pellicola del film della nostra vita], quello stesso fotone potrebbe girare a destra, una volta fatto ripartire il tempo. A quanto ne sappiamo, l’universo e il nostro cervello non escludono l’apertura profonda per il libero arbitrio ambizioso . P. D, Alla ricerca delle cause, cit., p. . Non solo è complesso comprendere se dietro l’indeterminismo della meccanica quantistica vi sia comunque una struttura deterministica (cosa impossibile secondo Heisenberg, possibile secondo Einstein), ma un ulteriore punto di vista sarebbe fornito dalla teoria delle stringhe.  R. M, Determinismo fisico/Indeterminismo, in Enciclopedia filosofica, , Bompiani, Milano , p. .  M A. R., Free. Why Science Hasn’t Disproved Free Will, Oxford University Press, Oxford/NY  (ed. it. Liberi ! Perché la scienza non ha confutato il libero arbitrio, a cura di T. Piazza, Carocci, Roma ), p. .    Cristiano Calì In riferimento alla libertà l’indeterminismo quantistico fu quindi acclamato da più parti come la prova empirica all’intuizione del senso comune, per il quale non esiste un regno della perfetta necessità e di fenomeni connessi nomicamente con ciò che li precede ma un mondo in cui trova cittadinanza l’agire libero . Una volta provato l’indeterminismo, la partita per la libertà degli esseri umani era vinta. Un tale approccio, tuttavia, risultò troppo semplicistico e si colloca come esempio «di quella filosofia spontanea degli scienziati che emerge, di regola, ogni volta che si tenta una trasposizione ontologica ingenua di una teoria fisica» . Un ben più cauto entusiasmo è rinvenibile nelle parole pronunciate nel  da Planck: Parecchi fisici di valore sono oggi dell’opinione che si debba, per salvare la nostra libertà di volere, sacrificare la legge di causalità, e non hanno perciò alcuna esitazione a portare come prova del libero arbitrio, e della non validità della legge causale, le ben note relazioni di indeterminazione della meccanica quantistica. Non dicono però come si possa conciliare con lo stesso quadro il senso della responsabilità morale con l’ipotesi di un cieco caso . A riprova della correttezza di un tale agnosticismo vi è il dato per il quale la meccanica quantistica, oggi come allora, è ben lungi dal risolvere la secolare questione, anzi proprio i dati che giungevano da essa misero la questione del libero arbitrio ancora più a repentaglio. Un ultimo accenno, prima di volgere alle interpretazioni filosofiche che sono state elaborate a partire dalla teoria dei quanti, deve essere fatto al Free will theorem, formulato nel  dai fisici John H. Conway and Simon B. Kochen. Non essendo possibile addentrarmi in un tema così ampio – il quale rimanda più a concezioni che in filosofia della mente sarebbero definite come panpsichiste – è necessario cogliere anche in que Per quanti videro l’indeterminismo quantistico come una possibile prova scientifica della libertà, cfr. H. A. C, The Freedom of Man, Yale University Press, New Haven ; J. E, How the Self Controls Its Brain, Springer, Berlin  (ed. it. Come l’io controlla il suo cervello, a cura di A. Del Corral, Rizzoli, Milano ); R. P, Shadows of the mind. A search for the missing science of consciousness, Oxford University Press, Oxford  (ed. it. Ombre della mente, tr. it. di E. Diana, Rizzoli, Milano ).  A. S, Determinismo, cit., p. .  M. P, Vom Wesen der Willensfrheiheit,  (tr. it. in I., Libero arbitrio, cit., p. . Libertà come spazio liminale  sto ulteriore sforzo (ancora una volta compiuto da parte fisica e non filosofica) un indicatore del costante influsso delle dottrine empiriche sulle riflessioni filosofiche e dell’imprescindibilità per quanti approcciano problemi filosofici, e antropologici in particolare, di accantonare nella propria argomentazione i dati che ci giungono dalle scienze da laboratorio . A questa intersezione è necessario rivolgere l’attenzione. . La liminalità di scienza e filosofia È indubbiamente vero che il paradigma della fisica quantistica «sconvolse il modello di razionalità della scienza classica in modo ben più radicale della fisica relativistica di Einstein»  e che a cascata questa teoria rimise in gioco le discussioni sul libero arbitrio, tanto dal punto di vista strettamente scientifico quanto da quello filosofico; ma è altrettanto vero che l’indeterminismo della fisica quantistica pone – ancora oggi – non meno problemi del determinismo della fisica classica. Se il determinismo fisico privava gli agenti del requisito delle cosiddette alternative possibilities, ovvero di optare per scelte differenti, l’indeterminismo sembra far cadere un altro requisito egualmente necessario: il controllo da parte del soggetto dell’intenzione e dell’azione. Quanti videro nell’indeterminismo lo spazio in cui situare la libera azione dei soggetti agenti, non colsero immediatamente che tale indeterminismo avrebbe significato rendere conto della libertà in un mondo dominato dal caos, di cui l’indeterminismo è garante. Per fare ciò risulta indispensabile, missione alla quale si sono rivolti alcuni filosofi libertari, imbrigliare questo indeterminismo quantistico in modo da costruire un modello di un essere umano capace di prendere decisioni veramente libere. Nel contesto indeterministico, infatti, non vigendo più la legge di causalità universale, gli eventi sono governati dalla mera casualità e, a fortio Cfr. J. H. C - S. K, The Strong Free Will Theorem, Notices of the AMS,  (), pp. -.  P. B, Un secolo di novità complesse, in M. P, Libero arbitrio, cit., p. .  Cristiano Calì ri, lo saranno anche gli agenti e le loro azioni. Per renderlo ancora più chiaramente: se nel contesto deterministico nulla determina l’azione, allora nessuno, nemmeno l’agente sarà in grado di determinarla. Un secondo aspetto è legato al fatto che la meccanica quantistica ha reintrodotto l’indeterminismo a livello microscopico, ma la fisica classica rimane del tutto valida – almeno sino al giorno d’oggi – a livello meso-macroscopico. Se questo è indubbiamente vero, d’altro canto si deve notare che vi è la possibilità di oggetti o eventi macroscopici «i quali dipendono dal comportamento di pochi atomi, come ad esempio la bomba atomica o le mutazioni genetiche» , di fatti, «anche in biologia […] vi sono processi nei quali gli sviluppi macroscopici sono governati da processi che avvengono in singoli atomi» . Una considerazione del genere potrebbe quindi portare a formulare l’idea di una realtà mista, in cui si combinano indeterminismo e determinismo, dove il secondo sarebbe un’evoluzione, un’emergenza del primo, nel momento in cui si raggiungono determinati livelli di complessità. Nemmeno questa realtà mista, tuttavia, sembrerebbe venire in aiuto alla questione del libero arbitrio perché – benché si affermino due descrizioni differenti e complementari – qualora l’indeterminismo non avesse alcun tipo di effetto nei meccanismi cerebrali e nei processi psicologici dell’agente, questo resoconto non aiuterebbe affatto la causa dei libertari. Anche Libet si è mostrato perplesso riguardo all’interpretazione della meccanica quantistica per la libertà degli esseri umani: Le scelte o le azioni libere non sono prevedibili, anche se vengono considerate come completamente determinate. Il ‘principio di indeterminazione’ di Heisenberg ci preclude una conoscenza completa delle attività molecolari sottostanti. La meccanica quantistica ci costringe a trattare con le probabilità, piuttosto che con la certezza degli eventi. E, nella teoria del caos, un evento casuale può alterare il comportamento di un intero sistema in modo non prevedibile. Comunque, anche se gli eventi non sono prevedibili in pratica, questo non esclude la possibilità che seguano leggi naturali e quindi determinate . M. P, Il determinismo, cit., p. . W. H, Das Naturbild der heutigen Physik, Rowohlt, Hamburg  (ed. it. Natura e fisica moderna, Garzanti, Milano ), p. .  B. L, Mind Time, cit., p. .   Libertà come spazio liminale  In aggiunta a questi elementi dev’essere notato come la comunità dei fisici sia ancora lontana da una comprensione totale della meccanica quantistica e, ancor di più, di una sua interpretazione univoca. Come la fisica classica, infatti, è una teoria e pertanto rimane sempre falsificabile, cionondimeno lo stesso deve dirsi della meccanica quantistica la quale, lungi dall’essere perfetta, sembra essere molto più debole di quella meccanica classica che appariva inespugnabile, ma che di fatto è stata espugnata . Anzi, a detta di Planck, sembra che «nessun fisico mette in dubbio che anche l’ipotesi dei quanti finirà per trovare la sua espressione esatta in alcune equazioni, che potranno essere allora considerate come una più precisa formulazione della legge causale» . Se pertanto le interpretazioni in riferimento alla meccanica quantistica non sono pacifiche ab intra, certe estrapolazioni ad extra rimangono del tutto azzardate. Volendo provare a fornire un giudizio complessivo in merito al rapporto tra scienza fisica e problema della libertà umana, bisogna riconoscere come la nuova teoria dei quanti abbia aiutato a riconoscere come il dogma deterministico, da un lato, e l’approccio fisicalista, dall’altro, eredi della fisica newtoniana, lungi dall’essere delle teorie fisiche, fossero delle vere e proprie idealizzazioni. Alla meccanica quantistica si deve anche tributare un altro merito: quello di aver portato all’attenzione un concetto, quello di emergenza, che sembrava del tutto espulso in un’ottica riduzionistica. Alla luce di questa nuova teoria novecentesca, infatti, è lecito affermare che le leggi di Newton non sono fondamentali, ma emergenti; sono cioè quello che avviene quando la materia quantistica si aggrega in fluidi e oggetti macroscopici. Si tratta di un fenomeno di organizzazione collettiva. Ciò significa che non si possono prevedere le leggi di Newton osservando il comportamento degli atomi, e neanche il comportamento degli atomi dalle leggi di Newton . Tale giudizio, riportato dal neuropsicologo Michael Gazzaniga, è di particolare importanza perché focalizza come la meccanica quantistica  Cfr. T. H, How Free Are You?, Oxford University Press, Oxford  (ed. it. Sei davvero libero? Il problema del determinismo, il Saggiatore, Milano ), pp. -.  M. P, Kausalgesetz und Willensfreiheit, cit., p. .  M. S. G, Who’s in Charge?, cit., p. .  Cristiano Calì abbia radicalmente riformulato il riduzionismo tipico delle scienze fisiche, fornendo un armamentario concettuale mutuabile anche dalla filosofia, e non solo. Ancor più radicalmente si deve cogliere come la scienza fisica abbia riorientato costantemente le discussioni filosofiche sulla libertà anche ad un livello intradisciplinare. Se a partire dal Seicento, infatti, la discussione circa la libertà si svolgeva, prevalentemente ma non unicamente, come un acceso scontro tra deterministi hard da un lato e i libertari dall’altro; a partire dalla fine degli anni Novanta del ’, in particolare, lo scontro ha visto una polarizzazione differente: da un lato i compatibilisti, dall’altro gli incompatibilisti. Nel primo caso è stata ribadita – anche dinanzi le scoperte della meccanica quantistica – non solo la possibilità ma, a volte, anche la necessità del determinismo per il libero arbitrio; nel secondo, oltre a coloro che hanno continuato a sostenere una posizione irriducibilmente libertaria, vi sono stati quanti hanno mostrato come la libertà sia radicalmente incompatibile tanto col determinismo quanto con l’indeterminismo, e quindi impossibile. In conclusione, si deve riconoscere che, all’interno delle questioni filosofiche sul libero arbitrio, tanto la fisica classica quanto la meccanica quantistica mantengono ancora la propria validità. Nel mutuo relazionarsi di prospettiva filosofica e scientifica si deve però sempre tener conto che chi nega la libertà in forza delle leggi deterministiche afferma tacitamente l’assoluta verità di quest’ultime. Una tale affermazione potrebbe essere definita, seguendo il giudizio di Nancy Cartwright, come fondamentalista, giacché ha tutto fuorché il crisma della scientificità . Asserire che vi siano leggi certe ed universalmente vere, infatti, non solo collide con i presupposti del metodo scientifico ma – in un contesto di scetticismo imperante come quello odierno – sarebbe ancora più difficile da sostenere, soprattutto in considerazione del fatto che quelle stesse leggi che ritenevamo indiscutibili da Newton ad un secolo fa sono state smentite dalla stessa fisica. C’è da ricordare, d’altro canto, che anche qualora arrivassimo a postulare un indeterminismo a livello meso-macroscopico, i problemi in ri N. C, The Dappled World, Cambridge University Press, Cambridge , p. . Libertà come spazio liminale  ferimento alla libertà non diminuirebbero. L’ostacolo più grande da aggirare rimarrebbe sempre quello che in letteratura è definito con lack objection: le nostre azioni sarebbero in balia del caso. Dinanzi a questi dilemmi – ed è la cosa più notevole all’interno del percorso storico al quale abbiamo guardato – è che né la filosofia (salvo alcune concezioni scettiche) né le scienze empiriche hanno arrestato il proprio cammino alla ricerca della verità sulla libertà degli esseri umani. In questo cammino però, il testimone è ora passato a quelle scienze che mirano a indagare i meccanismi del cervello e in particolare i meccanismi deterministici a livello cerebrale. Nel cogliere quindi il reciproco influsso tra scienza e filosofia sarebbe necessario, in riferimento al nostro tema, rivolgerci non già al determinismo o all’indeterminismo universale, ma ai suoi correlati speculari a livello psichico che, a mio personale modo di vedere, sarebbe meglio definire con la dicitura di determinismo neurobiologico, indagato – questa volta – dalla neurofisiologia e dalle neuroscienze. È significativo come discipline così giovani, nate negli anni ’ del , abbiano raccolto il testimone di un problema così cruciale in cui le varie scienze, senza distinzioni di genitivi si sono applicate per millenni. Un tale passaggio di consegne ci restituisce, in definitiva, non soltanto la necessità di un approccio interdisciplinare, ma fondamentalmente e costitutivamente metadisciplinare. summum crede nefas animam præferre pudori et propter vitam vivendi perdere causas