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Estratto 24.dianoia Rivista di filosofia anno XXII, giugno 2017 Mucchi Editore 24.dianoia Rivista di filosofia del Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell’Università di Bologna Mucchi Editore dianoia Rivista di filosofia del Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell’Università di Bologna fondata da Antonio Santucci † Direttore Vittorio d’Anna Vicedirettore Manlio Iofrida Comitato di direzione Annarita Angelini, Franco Bacchelli, Alberto Burgio, Dino Buzzetti, Pietro Capitani, Francesco Cerrato, Vittorio d’Anna, Franco Farinelli, Riccardo Fedriga, Carlo Gentili, Manlio Iofrida, Marina Lalatta Costerbosa, Mariafranca Spallanzani, Walter Tega. Comitato scientifico Carlo Borghero (Università di Roma “Tor Vergata”), Giuseppe Cambiano (Scuola Normale Superiore di Pisa), Claudio Cesa † (Scuola Normale Superiore di Pisa), Raffaele Ciafardone (Università di Chieti), Michele Ciliberto (Scuola Normale Superiore di Pisa), Giambattista Gori (Università degli Studi di Milano), Lucian Hölscher (Ruhr Universität Bochum), Hans Heinz Holz † (Rijksuniversiteit Groningen), Giorgio Lanaro (Università degli Studi di Milano), Catherine Larrère (Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne), Ernst Müller (Humboldt-Universität zu Berlin), Alfonso Maierù (Università di Roma “La Sapienza”), Jean-Claude Margolin † (Université de Tours), Paola Marrati (Johns Hopkins University - Baltimore), Gianni Paganini (Università del Piemonte Orientale), Johannes Rohbeck (Technische Universität - Dresden), Ricardo Salles (Universidade Federal do Estado do Rio de Janeiro), Falko Schmieder (Zentrum für Literatur- und Kulturforschung Berlin), Maria Emanuela Scribano (Università di Siena), Giovanni Semeraro (Universidade Federal Fluminense - Rio de Janeiro), Stefano Simonetta (Università degli Studi di Milano), Alexander Stewart (Lancaster University), Luc Vincenti (Université “Paul Valéry” Montpellier III), John P. Wright (Central Michigan University - Mount Pleasant, Michigan), Günter Zöller (Ludwig-MaximiliansUniversität - München). Comitato di redazione Alessandro Chiessi, Diego Donna, Roberto Formisano, Gennaro Imbriano, Gabriele Scardovi, Pietro Schiavo. Direzione e redazione Dipartimento di Filosofia, Via Zamboni, 38 - 40126 Bologna info@dianoia.it I manoscritti devono essere inviati per posta elettronica alla redazione della rivista. La loro accettazione è subordinata al parere favorevole di due referees anonimi. 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Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dall’editore o dagli aventi diritto. 24. dianoia Saggi 3 Roberto Limonta, Una più del diavolo. Divinazione, prescienza e futuri contingenti nel De divinatione daemonum di Agostino d’Ippona 15 Federico Minzoni, Averroismi al plurale. La ricezione del Tafsīr Kitāb al-Nafs di Ibn Rušd nel Commento alle Sentenze di Tommaso d’Aquino 33 Andrea Di Biase, Pascal, i filosofi e il ritratto dell’uomo. «On ne peut faire une bonne physionomie» 45 Andrea Togni, La tesi tripartita di Locke 73 Gaetano Antonio Gualtieri, Conoscenza e sviluppo del mondo umano nella filosofia di Giambattista Vico 97 Francesco Cerrato, La riforma spinoziana della dialettica. Spaventa e Gentile interpreti dell’Etica 121 Andrea Angelini, Il concetto di alienazione tra dialettica e struttura: Foucault, Hyppolite, Althusser 151 Gabriele Scardovi, Sopravvenienza del sé, emergentismo e identità personale 173 Capucine Lebreton, Corps et lois : les passions comme pivot de la moralité chez Montesquieu 187 Paulo Eduardo Arantes, Tentativo di identificazione dell’ideologia francese. Una introduzione (1990), a cura di Giovanni Zanotti Michel Henry e la religione a cura di Roberto Formisano 243 Roberto Formisano, Presentazione dei lavori 247 Jean Leclercq, Vita e metodo. La svolta epistemologica di Michel Henry 259 Garth W. Green, Verità e non-verità nella filosofia della religione di Michel Henry 273 Roberto Formisano, Note alla filosofia henryana della religione. Sulla genesi della fenomenologia materiale, alla luce degli inediti Note 293 Fabio Molinari, Il pensiero inquieto. Hegel, Freud e il lavoro del negativo 307 Eleonora Selvatico, Gli inediti di Levinas: note sul rapporto tra fenomenologia e tradizione ebraica 315 Alessandro Chiessi, Neurodiritto: il problema del libero arbitrio e del determinismo 327 Recensioni Saggi Una più del diavolo. Divinazione, prescienza e futuri contingenti nel De divinatione daemonum di Agostino d’Ippona Roberto Limonta Based on the analysis of the short treatise De divinatione daemonum and some others references in Augustinian texts, this article aims to retrace Augustine of Hyppo’s position about the nature of demons and their capacity to foretell future events. In particular, the research will explore some epistemological topics as the role of imagination and his phantasmata in the cognitive processes, the semiotic nature of demonic foreknowledge, the difference between angelic, divine, demonic and human knowledge. Finally, we’ll draw a summary map of the historical transformations of the demonic cognition’s theme, from time to time auctoritas, source and philosophical argument. Keywords: Augustine, Demons, Foreknowledge, Future Contingents, perceptual deceptions, Thomas Aquinas Nella quaestio XVI del De malo, dedicata alla natura dei demoni, Tommaso d’Aquino solleva il problema se essi siano in grado di conoscere gli accadimenti futuri (art. VII). All’inizio del consueto elenco di argomenti pro e contra, il Doctor Angelicus si serve di un’analogia tra le premonizioni attribuite ai demoni e le previsioni di un medico o un marinaio: «gli uomini, considerando gli effetti della potenza divina, conoscono in anticipo molte cose del futuro: il medico la salute, il marinaio la prossima bonaccia. Dunque, a maggior ragione i demoni possono conoscere il futuro» 1. Nonostante l’esempio sia preceduto da un rimando al De Civitate Dei, l’immagine richiama una fonte agostiniana meno frequentata, il De divinatione daemonum 2, nella 1 «homines considerando effectus divinae virtutis multa de futuris praecognoscunt: medicus sanitatem, nauta tranquillitatem futuram, Ergo multo magis daemones future praecognoscere possunt», Thomae Aquinatis Quaestiones disputatae de malo, q. 16, art. 7, 313a (d’ora in poi De malo). La traduzione italiana è tratta da Tommaso d’Aquino, Il male, a cura di F. Fiorentino, Milano, Bompiani, 20123, p. 1227. 2 Divin. daem., 4.7; ivi, 6.10. Le opere di Agostino saranno citate secondo le abbreviazioni dell’Augustinus Lexicon. Per la traduzione italiana del De divinatione daemonum ci si atterrà ad Agostino, Il potere divinatorio dei demoni, a cura di L. Alici, in Id., La vera religione, a cura di G. Ceriotti, L. Alici, A. Pieretti, Roma, Nba 6, 2, 1995. Medico e navigatore sono esempi topici nella letteratura sul tema: si ritrovano, ad esempio, nel De divinatione di Cicerone (I, VII.13; «dianoia», 24 (2017) 4 Roberto Limonta quale l’analogia ricorre con frequenza e che viene citata poco dopo 3. Rimane incerto se Tommaso abbia avuto una conoscenza diretta o indiretta del testo 4, ma in tutta la quaestio egli mostra di considerare la posizione espressa nel De divinatione daemonum come un termine imprescindibile di confronto, benché spesso critico. La ripresa della teoria di Agostino testimonia da una lato la persistenza di una fonte e di un modello concettuale all’interno dei quali il tema della prescienza dei demoni è sorto ed è stato discusso; ma al contempo consente di riflettere sui mutamenti − nella struttura e nelle questioni che di volta in volta hanno polarizzato la discussione − cui esso è andato incontro quando riletto alla luce di differenti paradigmi concettuali. In questo senso, la posizione agostiniana è rimasta storicamente un punto di riferimento, assunta di volta in volta come auctoritas, fonte e infine argomento. Ancora alla metà del XVII secolo Dietrich Lüders riprenderà, in quell’Exercitium academicum circa praescientiam daemonum expendendam occupatum (1666) che è un interessante indicatore dello status quaestionis, le soluzioni e persino l’ordine della riflessione di Agostino 5. in I, L.112 vi si aggiunge il contadino, come nel De divinatione daemonum) e nel De genio Socratis di Plutarco (581f-582a), uno dei testi di riferimento della demonologia medioplatonica cui Agostino attinge; cfr. A. Timotin, La démonologie médio-platonicienne in «Rivista di storia della filosofia», 2 (2015), pp. 381-398, in particolare pp. 391-394. 3 «Nullus vere potest praenuntiare nisi illud quod praecognoscit. Sed Sicut Augustinus dicit in libro De divinatione daemonum, daemones quaedam vera praenuntiant de futuris eventibus. Ergo daemones praecognoscunt futura», De malo, q. 16, art. 7, 312a. 4 È tuttavia indubbia, a nostro avviso, la conoscenza da parte di Tommaso del De divinatione daemonum, che viene invece negata da Antwerp (E.I. van Antwerp, St. Augustine, The divination of demons and care for the dead. An abstract of a dissertation, Washington, The Catholic University of America Press, 1955, p. 13, nota 95) e Schlapbach (K. Schlapbach, De divinatione daemonum, in K. Pollmann, W. Otten [a cura di], Oxford Guide to the Historical Reception of Augustine, Oxford, Oxford University Press, 2013, 1, pp. 132-134). Oltre a un breve passaggio citato (De malo q. 16, art. 8, 321a) lo prova il fatto che il testo di Agostino sia richiamato esplicitamente più volte, e sempre con pertinenza, nella quaestio XVI (De malo, q. 16, art. 7, 312a; ivi, 316a; q. 16, art. 8, 320a; ivi, 320b; ivi, 321a) nonché nel De spiritualibus creaturis, a. 7, arg. 2 (“Praeterea, Augustinus in libro de divinatione daemonum dicit quod daemones subtilitate aerei corpori sensun humanum trascendunt”). Dubbio invece è se Tommaso attinga direttamente al testo di Agostino oppure a fonti indirette come raccolte o florilegi. 5 Dietericus Lüders, Exercitium academicum circa praescientiam daemonum expendendam occupatum, Jena, Typis Johannis Jacobi Bauhofferi, 1666. Lüders declina il problema nei termini – notitia intuitiva o abstractiva, conoscenza diretta o tramite species, futuri contingenti o futuri necessari – propri della Seconda Scolastica, ma mostra in più punti la persistenza del modello agostiniano, ad esempio riproducendo esattamente l’elenco delle cause della prescienza demonica individuate nel De divinatione daemonum. Su questo si veda R. Fedriga e R. Limonta, Scotus, Durandus & Nominales. Prescienza e natura dei demoni nel De praescientia daemonum di Dietrich Lüders (forthcoming). Una più del diavolo. Divinazione, prescienza e futuri contingenti… 5 La nostra ricerca si occuperà di ricostruire la posizione del De divinatione daemonum sulla natura e i modi della prescienza demonica. In particolare, saranno oggetto d’indagine lo statuto, naturale e contingente, della scienza dei demoni e il suo rapporto con quella angelica e divina; il carattere semiotico e inferenziale della prescienza demonica; la formazione dei phantasmata tra percezione, immaginazione e intelletto. Infine tracceremo a grandi linee il percorso tramite il quale la polemica agostiniana contro la divinazione pagana, sorta nel quadro dell’apologetica tardo antica e migrata poi nel contesto teologico della Caduta si è trasformata, a partire dal XIII secolo, nella quaestio «utrum daemones cognoscant futura», intrecciandosi con l’area tematica comprendente prescienza divina, futuri contingenti, profezie e fatalismo teologico. 1. Il De divinatione daemonum Il De divinatione daemonum, breve trattato composto fra il 406 e il 410, raccoglie e ordina osservazioni sparse in altri testi del corpus agostiniano, principalmente il De Genesi ad litteram (XI-XII) e il De Civitate Dei (IX, 20-22) 6. Il contesto è quello dell’apologetica contro le divinità pagane e le loro capacità profetiche. In senso stretto, nel De divinatione daemonum i demoni sono identificati con gli dei delle religioni pagane, ma in altri testi Agostino intende con il termine daemones gli angeli caduti, cacciati dal Cielo per la loro superbia e la ribellione a Dio 7, e sarà questa definizione a restare canonica lungo tutta la tradizione teologica cristiana. Dall’ambito della polemica apologetica il discorso passa presto, nella seconda parte (3.7-10.14), al tema vero e proprio, ovvero la questione della natura dei demoni e delle loro capacità pre-cognitive. Nella prima parte, tuttavia, Agostino afferma un principio che segna tutto il ragionamento successivo. In discussione non è la pos6 Cfr. K. Schlapbach, De divinatione daemonum, cit. e J. Den Boeft, Daemon(es) e Divinatione daemonum (De-), in P.O. Kristeller (a cura di), Augustinus-Lexicon (1996-2002), Basel, Schwabe & Co. AG, pp. 213-222 e 519-524. Sulla demonologia cristiana dei primi secoli, si veda in particolare S. Pricoco (a cura di), Il demonio e i suoi complici. Dottrine e credenze demonologiche nella Tarda Antichità, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1995. 7 Ad esempio in civ. 5.9 e 6.4. Sulla natura dei demoni in Agostino si vedano J. Den Boeft, Daemon(es) e Divinatione daemonum (De-), in P. O. Kristeller (a cura di), Augustinus-Lexicon (1996-2002), cit., pp. 213-222 e 519-524; F. Van Fleteren, Demons, in A. D. Fitzgerald (a cura di), Augustine Through the Ages: An Encyclopedia, Grand Rapids, Michigan, Eerdmans, 1999, pp. 266-268. 6 Roberto Limonta sibilità che i demoni siano in grado di formulare enunciati veri sul futuro – fatto che Agostino non nega ‒ quanto la loro legittimità nell’ordine divino del mondo. Bene, giustizia e verità non sono termini interscambiabili: la verità può essere volta al male e costituire un atto d’ingiustizia, come quando i demoni usano delle proprie capacità di precognizione per ingannare gli uomini, e di converso l’inganno può essere bene perché, sancito e approvato da Dio, esso rientra in un ambito – metafisico ed escatologico − più ampio di quello comprensibile all’intelletto delle creature 8. Scrive infatti Agostino che «Dio, in quanto giusto, riprova qualcosa, che tuttavia in quanto onnipotente permette» 9. La giustizia costituisce un primo ordine di regole atto a determinare la prassi mondana delle creature. L’onnipotenza di Dio costituisce un ordine di secondo livello, che determina le finalità ultime del primo: gli atti della volontà divina, anche quando acconsente agli inganni dei demoni, appartengono a questo piano e come tali vanno valutati. L’impronta intenzionale data dalla volontà del soggetto, e non il valore di verità, è ciò che determina il valore degli atti di prescienza, i quali, benché di natura cognitiva, non si esauriscono sul piano dell’apprensione delle res. La questione non è quindi se i demoni siano capaci di prescienza, ma di quale natura essa sia, come sia distinguibile dalla profezia divina e quale sia il suo ambito di legittimità. La definizione della natura dei demoni rappresenterà un punto cruciale delle discussioni demonologiche, soprattutto con l’ingresso, nel XIII secolo, della psicologia aristotelica e della sua concezione ilomorfica 10. Per Agostino, che si muove all’interno di una demonologia ispirata alla tradizione scritturale e patristica e soprattutto alle teologie medioplatoniche 11, la «natura dei demoni è tale che essi, data la sensibilità del loro corpo aereo, oltrepassano agevolmente la 8 Sul significato del male in Agostino e sul suo rapporto con le questioni legate all’ambito cognitivo si veda G.R. Evans, Augustine on Evil, Cambridge, Cambridge University Press, 1982, in particolare pp. 36-90. Per un’analisi dei significati della menzogna in Agostino, i testi di riferimento sono il De mendacio e il Contra mendacium. 9 «Deus aliquid et improbet iustus, et tamen permittat omnipotens», ivi, 2.5. La distinzione introdotta da Agostino sembra qui prefigurare quella tra una potentia ordinata e una absoluta Dei, proprie della teologia fra XIII e XIV secolo. Sulla distinzione cfr. W. Courtenay, Capacity and Volition. A History of the Distinction of Absolute and Ordained Power, Bergamo, Lubrina, 1990; E. Randi, Il sovrano e l’orologiaio. Due immagini di Dio nel dibattito sulla idea di potentia absoluta fra XIII e XIV secolo, Firenze, la Nuova Italia, 1986. 10 Arist. De an. 412a 20-21. 11 Cfr. A. Timotin, La démonologie médio-platonicienne, cit.; J. Pepin, Influences païennes sur l’angélologie et la démonologie de saint Augustin, in M. Milner (a cura di), Entretiens sur l’homme e le diable, Paris, Mouton, 1965, pp. 51-59. Una più del diavolo. Divinazione, prescienza e futuri contingenti… 7 sensibilità propria dei corpi terreni» 12. Cacciati dal cielo, essi vivono celati nella caligine aerea, luogo intermedio fra Cielo e Terra, e da lì agiscono sugli uomini per tentarli e indurli al peccato 13. Locus e sostanza del corpo dei demoni, la materia aeriforme, retaggio della natura angelica, consente loro una capacità di agire superiore a quella umana. Tuttavia, il peccato ha reso la loro volontà incapace di dirigere rettamente le facoltà cognitive verso la contemplazione delle verità eterne, come accade invece negli angeli: il giudizio dell’intelletto è infatti legato all’atto con cui la volontà gli presenta gli oggetti utili a raggiungere i fini che essa ha stabilito. La superiorità cognitiva dei demoni è bilanciata dalla debolezza della volontà, che rende vani i giudizi della facoltà intellettiva dal momento che orienta verso scopi malvagi, indifferentemente, verità e falsità, certezze, opinioni e illusioni. In questo modo la “perversa” prescienza dei demoni, «scientia sine caritate» 14, risulta incapace di attingere a quelle verità cui pure le sue facoltà cognitive le consentirebbero di giungere. Soltanto per i limiti delle loro facoltà cognitive, gli uomini interpretano come effetto di poteri sovrannaturali ciò che è perfettamente riconducibile a cause naturali. Agostino le elenca: acutezza della sensibilità (acrimonia sensus), rapidità del movimento (celeritate motus) e lunga esperienza (rerum longe maior experientia) 15. Così, sarà a partire dalle caratteristiche della composizione eterea del corpo demonico che sarà possibile spiegare come possono operare le facoltà intellettive dei demoni in assenza di organi sensibili. È infatti ragionando sulla loro terza facoltà, cioè la capacità di predire grazie alla lunga esperienza, che Agostino tratteggia una sommaria teoria dei segni per definire lo statuto cognitivo dei demoni: Talvolta poi predicono […] eventi futuri, conosciuti in anticipo sulla base di segni naturali, che gli uomini non sono in condizioni di percepire. Se infatti il medico formula previsioni di cui non è capace chi ignora la sua arte, non per questo lo si deve ritenere divino. […] Talvolta apprendono alla perfezione anche i disegni degli uomini […] quando l’anima riesce ad esprimere taluni segni nel corpo […] inconoscibili alla rozza sensibilità degli uomini, ma conoscibili alla sensibilità penetrante dei demoni 16. Divin. daem. 3.7. Cfr. civ. 8.14; en Ps. 94.6; ench. 9; Gn. litt. 11.20. L'idea che i demoni avessero dimora negli strati dell'aria si appoggiava inoltre sull'interpretazione di alcuni passaggi biblici, ad es. Ef 6, 12. 14 Civ. IX.20. 15 Divin. daem. 3.7. 16 «Aliquando autem […] quae naturalibus signis futura praenoscunt, quae signa in hominum sensus venire non possunt, ante praedicunt. Neque enim quia praevidet medi12 13 8 Roberto Limonta La scienza demonica è una forma di inferenza semiotica: i moti dell’anima e gli eventi naturali sono fenomeni di cui la sensibilità acuta delle facoltà percettive demoniche è in grado di cogliere i segni. Essi consentono di produrre una catena inferenziale che procede dalle cause naturali, che restano sconosciute agli uomini, ai loro effetti, i quali sono visibili all’uomo solo a posteriori mentre i demoni sono in grado di coglierli a priori, benché, come vedremo, solo in modo probabilistico. Incapaci di leggere questi signa naturalia, gli uomini attribuiscono alle pre-visioni dei demoni caratteri sovrannaturali. In realtà la prescienza dei demoni, operando su segni sensibili e non su cose, ha carattere mediato e congetturale, lontano dai modi divini dell’apprensione diretta e intuitiva delle cose. Mediato, perché nella teoria semiotica di Agostino il segno è ciò che rimanda ad altro da sé 17, ha funzione comunicativa e non produttiva di sapere 18 ed è quindi indice di una condizione cognitiva di grado inferiore. Congetturale, perché essa è «scienza delle cose materiali e temporali» 19, e in quanto tale le sue inferenze prendono le mosse non dalle cause eterne e necessarie, note solo all’intelletto divino, ma da stati di cose contingenti e quindi aperti a serie possibili di effetti: non consentono deduzioni sillogistiche ma solo inferenze di tipo abduttivo 20. 2. Phantasmata, immaginazione e scienza del contingente I modi della prescienza ne stabiliscono quindi il significato e l’ambito di validità: se conoscenza di segni, essa rimane scienza del contingente e quindi, per Agostino, scienza contingente, ovvero mera opinio; se apprensione delle cause prime, invece, essa può dirsi autentica prescienza, perché una cosa è «ricavare supposizioni temporali dal temporale e mutabile della propria potenza e volontà, cus quod non praevidet eius artis ignarus, ideo iam divinus habendus est. […] Aliquando et hominum dispositiones, […] cum signa quaedam ex animo exprimuntur in corpore, tota facilitate perdiscunt: atque hinc etiam multa futura praenuntiant, aliis videlicet mira, qui ista disposita non noverunt» ivi, 5.9. 17 «signum est enim res praeter speciem, quam ingerit sensibus, aliud aliquid ex se faciens in cogitationem venire», doctr. chr. II, I, 1. 18 Per la teoria del segno in Agostino cfr. G. Manetti, Le teorie del segno nell’antichità classica, Milano, Bompiani, 1987 e S. Vecchio, Le parole come segni. Introduzione alla linguistica agostiniana, Palermo, Novecento, 1994. 19 «corporalium temporaliumque rerum scientia», civ. IX.22. 20 Il carattere congetturale della prescienza dei demoni sarà ripreso nel dibattito scolastico: lo sostengono, tra gli altri, Alessandro di Hales (Summa Theologiae, II, q. XXVI, m. IV) e Tommaso d’Aquino (De malo, q. 15, art. 7, resp. 11, 317a). Una più del diavolo. Divinazione, prescienza e futuri contingenti… 9 come è concesso ai demoni […], altro prevedere nelle leggi eterne e immutabili di Dio, che sono vive nella sua sapienza, i cambiamenti dei tempi e conoscere la sua volontà» 21. In senso stretto, quella dei demoni è quindi una praedictio più che un’autentica praescientia, ed essi praenuntiant e praedicunt più che profetizzare 22. L’atto cognitivo della prescienza demonica agisce sempre a livello semiotico, mai semantico: non aggancia oggetti reali ma costruisce catene di segni le quali possono anche generare affermazioni veritiere, ma senza che in esse l’inferenza tra segni e stati di cose abbia valore di necessità. E ciò sia per i limiti della propria natura sia per la possibilità che su di essa agisca la volontà di Dio, capace di sospendere le regole della causalità naturale. Si profilano così due livelli di princìpi causali, gerarchicamente distinti 23, cui corrispondono due diversi ordini di conoscenza: le «cause minori», legate ai processi naturali, e «le cause maggiori e più nascoste», subordinate all’azione divina. Secondo Agostino, sull’ordine del mondo può sempre intervenire un atto della volontà onnipotente di Dio, determinando in modo “innaturale” la direzione degli accadimenti, che l’acuta sensibilità dei demoni aveva potuto solo presupporre in base alle leggi “naturali” della causalità. Dimostrata la natura illusoria della scienza dei demoni, Agostino dedica particolare attenzione alla loro azione sulla facoltà immaginativa dell’uomo. Alterando i suoi phantasmata 24, infatti, i demoni ottengono che l’intelletto umano operi su oggetti che non corrispondono alla realtà, formulando di conseguenza giudizi falsi 25. Il demone agisce esclusivamente sul piano cognitivo, mai su quello 21 «Aliud est enim temporalibus temporalia et mutabilibus mutabilia coniectare eisque temporalem et mutabilem modum suae voluntatis et facultatis inserere, quod daemonibus certa ratione permissum est; aliud autem in aeternis atque incommutabilibus Dei legibus, quae in eius Sapientia vivunt, mutationes temporum praevidere Deique voluntatem», Civ. IX, 22. 22 Nel De divinatione daemonum Agostino usa prevalentemente i verbi praenuntiare e praedicere, che indicano la capacità di anticipare enunciati in merito ad accadimenti futuri e non la loro reale conoscenza. L’espressione praenoscere, che presuppone un maggior impegno ontologico, ricorre molto più raramente. 23 Divin. daem. 6.10. 24 In generale, Agostino rifiuta l’idea che i demoni possano produrre nuovi phantasmata, in quanto questi possono formarsi nell’immaginazione soltanto a partire dall’impressione sensibile delle cose sulle facoltà percettive. L’azione dei demoni, almeno nel De divinatione daemonum, è sempre indiretta e opera solo su tracce e segni. 25 Sul processo di formazione dei phantasmata e sugli inganni dei sensi secondo la filosofia della mente agostiniana si veda G. O’Daly, Augustine’s Philosophy of Mind, Berkeley and Los Angeles, University of California Press, 1987, in particolare le pp. 106-130. Sulla struttura epistemica dell’errore nelle teorie cognitive medievali, cfr. G.R. Evans, Getting it Wrong. The Medieval Epistemology of Error, Leiden, Brill, 1998 (per Agostino, in particolare, pp. 193-202). 10 Roberto Limonta ontologico, e per questo tra i suoi attributi, in Agostino, spiccano quelli epistemici: deceptor (trin. 13,24), mendaciloquus (c. Faust. 20,19), fallax (trin. 8,5) o fallacissimus (civ. 9,16). Agendo sulle immagini su cui l’intelletto formula i suoi giudizi, essi riescono poi a pervertire la volontà, che si orienta sulla base delle nozioni fornite dall’intelletto. Questi aspetti diventeranno centrali quando la prescienza demonica diventerà oggetto di una specifica quaestio fra quelle dedicate all'esame delle facoltà dell'anima. L’ultima parte dello scritto è dedicato a trarre le fila del discorso stabilendo le differenze tra la divinazione dei demoni e le profezie di natura divina 26. La profezia autentica − che Agostino attribuisce a Dio, angeli e profeti − si distingue per tre caratteristiche: i) deriva dall’ascolto; è quindi ricettiva più che produttiva, perché fonda il proprio valore di verità sulla fonte della ricezione e sul significato di testimonianza dei suoi enunciati; ii) non è ingannevole e non è prodotta da inganni; iii) è veritiera in senso assoluto. La divinazione dei demoni, dall’altra parte, ha proprietà specularmente opposte: i) non deriva dall’ascolto, ma dalla manipolazione dei signa naturalia; ii) è sempre volta all’inganno: fallisce non se è falsa ma se (anche predicendo il vero) risulta inefficace; iii) è falsa o può esserlo, perché suo criterio non è la vero-funzionalità 27. 26 Sullo statuto epistemologico della profezia nella teologia medievale si vedano, per una prima ricognizione, A. Rodolfi, Cognitio obumbrata. Lo statuto epistemologico della profezia nel secolo XIII, Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo, 2016; R. Fedriga, R. Limonta, Prophetae non dixerunt falsum. Spazio percettivo e spazio semantico nelle teorie della profezia di Pietro Aureolo e Guglielmo di Ockham in «Documenti e Studi sulla tradizione filosofica medievale», XXVI (2015), pp. 399-431; G. Garfagnini, A. Rodolfi (a cura di), Profezia, filosofia e prassi politica, Pisa, Ets, 2013; S. Davidson, Prophecy, in E. N. Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy (Fall 2011 Edition), URL=http://plato.stanford.edu/entries/prophecy/; A. Michel, Prophéthie, in A. Vacant, E. Mangenot (a cura di), Dictionnaire de théologie catholique, Paris 1936, vol. XIII (1), coll. 708-713. 27 Tali caratteristiche si appoggiano anche su differenti modi della visio. Nel De Genesi ad litteram (6.15) Agostino distingue tre forme di visione: quella corporea, che si manifesta attraverso l’organo di senso della vista; quella spirituale, che agisce sul piano della memoria e delle sue immagini; infine quella intellettuale. Mentre la visio intellectualis è quella del profeta ispirato, sempre veritiera e mai ingannevole, quella dei demoni opera con segni naturali e non è quindi in grado di attingere al livello (ontologico) delle cause prime e al grado (cognitivo) della certezza cui giunge la visio prophetica. Nel caso delle divinazioni demoniche, il legame tra cause ed effetti è quello di una “necessità debole”, legata a una causalità naturale sempre sospesa all’onnipotenza di Dio e alle scelte libere delle volontà create. Una più del diavolo. Divinazione, prescienza e futuri contingenti… 11 3. Utrum daemones cognoscant futura: breve genealogia di una quaestio Definita la posizione di Agostino, possiamo ora tracciare una mappa sintetica delle trasformazioni storiche attraverso le quali il tema della natura cognitiva dei demoni è andato trasformandosi, venendo gradualmente a confluire nel più ampio alveo delle questioni legate alla prescienza divina e al fatalismo teologico 28 e contribuendo a definire i confini dei contesti teorici nei quali di volta in volta è stato ripreso e discusso 29. Il De divinatione daemonum di Agostino raccoglieva in una teoria compiuta, benché non sistematica, una serie di riferimenti sparsi nella letteratura patristica, da Origene a Lattanzio a Giustino 30. Assente nella più nota delle enciclopedie altomedievali, le Etimologie di Isidoro di Siviglia, il testo di Agostino è invece ampiamente citato in compilazioni successive come il De magicis artibus di Rabano Mauro (VIII sec.) o il Panormia di Ivo di Chartres (XI sec.) 31, dove esso svolge la funzione di auctoritas ed è assunto a criterio indiscusso di riferimento sulle questioni relative alla divinazione e alle pratiche magiche dei pagani. Un primo scarto si registra quando la natura dei demoni e delle loro capacità cognitive viene identificata come questione autonoma e isolata dall’ambito delle pratiche magiche cui era ancora legata nelle compilazioni altomedievali. Ruolo cruciale, in questa fase, è quello di Anselmo d’Aosta, che nel De casu diaboli (1086/87) 28 I loci della trattazione agostiniana del problema sono principalmente il De libero arbitrio (III, 1.4) e il De civitate Dei (V, 8-11). Sul tema in Agostino, cfr. R. Fedriga e R. Limonta, Metter le brache al mondo. Compatibilismo, conoscenza e libertà, Milano, Jaca Book, 2016, pp. 18-22; W.L. Craig, The Problem of Divine Foreknowledge and Future Contingents from Aristotle to Suarez, Leiden, Brill, 1988, pp. 59-79. 29 Sulla demonologia medievale la bibliografia è vastissima. Ci limitiamo qui a segnalare, perché più utili alla prospettiva epistemologica della nostra indagine, AA.VV., Il diavolo nel Medioevo, Atti del XLIX Convegno storico internazionale (Todi, 14-17 ottobre 2012), Spoleto, CISAM - Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, 2013; J. B. Russell, Il diavolo nel Medioevo, Roma-Bari, Laterza, 1987; AA.VV., Le diable au Moyen Âge. Doctrine, problèmes moraux, représentations, Aix-en-Provence, Presses Universitaires de Provence, 1979; B.P. McGuire, God-Man and the Devil in Medieval Theology et Culture, Copenhague, Cahiers de l’Institut du Moyen-Age grec et latin, 18-82, 1976. 30 Per la storia del concetto teologico di demone, si veda T. Ortolan, Demon, in A. Vacant, E. Mangenot (a cura di), Dictionnaire de théologie catholique, Paris, 1936, vol. IV, coll. 321-407. 31 Cfr. K. Schlapbach, De divinatione daemonum, cit., p. 132. Va notato tuttavia come i brevi riferimenti presenti in Isidoro (Etymologiarum Libri, VIII, 11, 15-17) ricalchino esattamente il modello agostiniano del De divinatione daemonum: il demone, infatti, è descritto come superiore all'uomo per subtilioris sensu acumine, experientia longissimae vitae e corporum aeriorum natura. 12 Roberto Limonta definisce e tematizza il problema dell’agire dei demoni e della loro natura. In particolare, il capitolo XXI tocca direttamente la questione della loro prescienza: «Quando mi chiedi se l’angelo che si mantenne nella verità abbia preveduto la sua caduta, bisogna chiarire di che previsione tu intendi parlare» 32. Pur muovendosi ancora sulla falsariga della posizione agostiniana, Anselmo intende ormai la questione della prescienza demonica in un diverso contesto, quello del dilemma fatalista che attraversa le discussioni sulla prescienza divina: se gli atti cognitivi di Dio necessitano gli accadimenti futuri, quale libertà di scelta restava agli angeli ribelli? Erano in grado di prevedere la propria caduta? E se ciononostante perseverarono nel peccato, lo fecero per un limite delle loro facoltà cognitive o per un difetto di volontà? La consapevolezza della natura e autonomia del tema è attestata anche dal Decretum di Graziano (metà del XII secolo), fonte di riferimento per il diritto canonico. La quaestio III riporta senza commento ampi passaggi della seconda parte del De divinatione daemonum, in risposta alla domanda «Queritur autem de natura demonum, cuius naturae sint, an futura prescire valeant, vel quot modis futura prenoscant?» 33. Un secondo passaggio cruciale è rappresentato dal Liber Sententiarum (II, dd. 3-8) di Pietro Lombardo, che cita diversi testi di Agostino anche se non il De divinatione daemonum. La posizione agostiniana mostra qui di aver nuovamente mutato natura: non più semplice auctoritas, essa funge da fonte, intesa quale riferimento testuale utile a sostenere un’argomentazione che si costruisce su un tessuto ragionato di citazioni. È la distinctio VII, in particolare, a stabilire la questione della scientia demonica, e su di essa si concentreranno i commenti alle Sentenze nel discutere la natura dei demoni e della loro prescienza. Fissata così nei suoi termini, a partire dal XIII secolo la prescienza dei demoni diventa un locus classicus del dibattito teologico. Presente in autori come Pietro di Poitiers, Guglielmo d’Auvergne, Alessandro di Hales, Alberto Magno e Bonaventura da Bagnoregio 34, la questione giunge a un passaggio decisivo con Tommaso d’Aqui32 «Cum quaeris utrum ille angelus qui non stetit in veritate praescierit se casurum, discernendum est de qua scientia dicas.» Anselmo, De casu diaboli, XXI, ll. 16-17 in Sancti Anselmi Cantuariensis Archiepiscopi Opera omnia ad fidem codicum recensuit F.S. Schmitt O.S.B., Edinburgi apud Th. Nelson et filios 1946-1961, 6 voll (trad. it. da Id., Opere filosofiche, trad. di S. Vanni Rovighi, revisione e cura di P.B. Rossi, Roma-Bari, Laterza, 2008). 33 Decretum magistri Gratiani, Æ Friedberg, Lipsia, 1879, q. III, pars III, p. 849. 34 Cfr. B. Faes de Mottoni, T. Suarez-Nani, B. Faes de Mottoni, T. Suarez-Nani, I demoni e l’illusione dei sensi nel secolo XIII: Bonaventura e Tommaso d’Aquino, in H.-J. Horn (a cura di), Una più del diavolo. Divinazione, prescienza e futuri contingenti… 13 no, che ne fa l’oggetto dell’art. 7, q. XVI del De malo 35. In questo modo egli stabilisce le linee di riferimento per la discussione, che, pur restando nel contesto dell’angelologia e dei commenti alle Sentenze, si muoverà ora prevalentemente sulla scorta degli strumenti forniti dalla psicologia aristotelica e dalle teorie sulla natura e le funzioni delle facoltà dell’anima 36. Possiamo solo accennare, in questo contesto, alla posizione di Tommaso 37. A differenza di Agostino, egli ritiene che i demoni siano sostanze incorporee che si legano occasionalmente a un corpo per agire. Di conseguenza la prescienza dei demoni, dovendo operare tramite la mediazione dei corpi, non esce dall’ambito della scienza naturale: il demone conosce necessariamente le cose necessarie, congetturalmente quelle probabili e ignora i futuri contingenti, poiché di essi sono note soltanto le cause e non gli effetti. Quanto alle azioni legate alle libere scelte della volontà umana, i demoni possono prevederle per esperienza acquisita, ma non possono averne scienza esatta 38. Tommaso si concentra in particolare sul rapporto tra i phantasmata dell’immaginazione e le res, elaborando un’articolata teoria sul funzionamento delle facoltà dell’anima sotto l’azione dei demoni. La possibilità di indurre l’immaginazione a produrre dei phantasmata di oggetti non esistenti rientra nella fisiologia naturale e come tale è possibile ai demoni, che tuttavia non hanno la capacità di agire direttamente sulle facoltà che trascendono la sfera sensibile, cioè intel- Jakobs Traum: zur Bedeutung der Zwischenwelt in der Tradition des Platonismus, St. Katharinen, Scripta Mercaturae Verlag, 2002, pp. 77-94. 35 Cfr. anche In Secundum Sententiarum, dd. 3-7 e Summa Theologiae, I, qq. 53-53; Ivi, I, 111, 3; Ivi, IIa IIae, qq. 94-96, nonché il già citato De spiritualibus creaturis, a. 7, arg. 2. 36 Si veda il paradigma scientifico e fisicalista, ut naturalis, con cui Witelo, contemporaneo di Tommaso, affronta la questione nel De substantia et natura daemonum (cfr. G. Federici Vescovini, Medioevo magico. La magia tra religione e scienza nei secoli XIII e XIV, Torino, Utet, 2008, pp. 91-97). 37 Sulla questione della prescienza dei demoni in Tommaso si vedano soprattutto B. Faes de Mottoni, T. Suarez-Nani, I demoni e l’illusione dei sensi nel secolo XIII: Bonaventura e Tommaso d’Aquino, cit.; P. Porro, Il diavolo nella teologia scolastica: il caso di Tommaso d’Aquino in AA.VV., Il diavolo nel Medioevo, cit., pp. 77-100; L. Hődl, Scholastische Dämonologie in R.-H. Bautier, R. Auty (a cura di), Lexikon des Mittelalters III, München, Artemis Verlag, 1986, pp. 478-480; la parte dedicata a Tommaso in T. Ortolan, Demon, in A. Vacant, E. Mangenot (a cura di), Dictionnaire de théologie catholique, cit.. 38 «ratio et voluntas excitantur quidem ad agendum ab aliquo exteriori quod inducit passionem in corpore aut in viribus sensitivis, sed in potestate rationis et voluntatis remanet ut operetur vel non operetur», De malo, 318b. 14 Roberto Limonta letto o volontà, ma devono passare attraverso la mediazione degli organi di senso per ingannare l’intelletto con immagini fallaci 39. Com’è evidente, la riflessione di Tommaso è in diversi tratti ancora debitrice dell’impostazione agostiniana. Tuttavia la questione appare aver cambiato nuovamente il suo profilo, e il modo con cui viene ripreso, nel De malo, il De divinatione daemonum lo rivela: dapprima fissato nel ruolo di auctoritas o di fonte, esso è ora oggetto di disamina critica nel contesto del gioco di posizioni pro e contra della quaestio. Il carattere apologetico del testo ha lasciato spazio a una sofisticata teoria delle facoltà cognitive dell’anima demonica, e in questa forma il tema è recepito e discusso nel dibattito teologico a partire dal XIII secolo. La prescienza dei demoni, quindi, viene tradotta nei termini propri delle discussioni sulla prescienza divina, i futuri contingenti e la scienza umana e angelica, ambito nel quale essa mostra ormai di essere confluita 40. Come sottolinea Gregory, «siamo innanzi agli sviluppi più originali dell’angelologia e della demonologia nella Scolastica dei secoli XIII-XIV, impegnata a collocare entro la struttura dell’universo aristotelico temi biblici, patristici, altomedievali nati in contesti del tutto estranei all’aristotelismo» 41. Essa costituisce ormai un caso esemplare alla luce del quale verificare le teorie sulla natura delle species e dell’atto intellettivo, la dinamica delle illusioni dei sensi e dei phantasmata dell’immaginazione, gli esperimenti mentali su un Dio menzognero e ingannatore, per giungere a incrociare, con la riflessione di Ockham e dei nominales, la discussa questione della notitia intuitiva de re non existente 42. 39 Cfr. B. Faes de Mottoni, T. Suarez-Nani, I demoni e l’illusione dei sensi nel secolo XIII: Bonaventura e Tommaso d’Aquino, cit., pp. 87-90. 40 Va segnalato che già nel De diversis quaestionibus ad Simplicianum di Agostino la trattazione della prescienza divina (II.2.2) compariva accanto alla discussione sulla divinazione demonica del futuro (II.3.3). Agostino non vi indugia, mentre l’uso della stessa immagine − l’alta specula da cui Dio osserva le creature, come una fila di uomini in cammino che gli appaiono tutti simultaneamente –, da parte di Tommaso, per riflettere sulla prescienza divina (Expositio Libri Perihermeneias, lec. 14, p. 77, ll. 379-393) come su quella demonica (De malo, q. XVI, art. 7, 315b) mostra l’avvenuta consapevolezza di quanto i due ambiti fossero intrecciati. 41 T. Gregory, Principe di questo mondo. Il diavolo in Occidente, Roma-Bari, Laterza, 2013 p. 22. 42 Sul rapporto tra la speculazione demonologica e il problema della notitia intuitiva de re non existente si vedano T. Gregory, Principe di questo mondo. Il diavolo in Occidente, cit., pp. 17-22; K. Tachau, Vision and Certitude in the Age of Ockham. Optics, Epistemology and the Foundation of Semantics 1250-1345, Leiden-New York – Copenhagen – Köln, Brill, 1988, pp. 123-129; T. Gregory, Dio ingannatore e genio maligno. Note in margine alle “Meditationes” di Descartes in «Giornale critico della filosofia italiana», LIII (LV) [1974], pp. 477-516. 24. dianoia Saggi roberto limonta Una più del diavolo. Divinazione, prescienza e futuri contingenti nel De Divinatione daemonum di Agostino d’Ippona federico minzoni Averroismi al plurale. La ricezione del Tafsīr Kitāb al-Nafs di Ibn Rušd nel Commento alle Sentenze di Tommaso d’Aquino andrea di biase Pascal, i filosofi e il ritratto dell’uomo. «On ne peut faire une bonne physionomie» andrea togni La tesi tripartita di Locke gaetano antonio gualtieri Conoscenza e sviluppo del mondo umano nella filosofia di Giambattista Vico francesco cerrato La riforma spinoziana della dialettica. Spaventa e Gentile interpreti dell’Etica andrea angelini Il concetto di alienazione tra dialettica e struttura: Foucault, Hyppolite, Althusser gabriele scardovi Sopravvenienza del sé, emergentismo e identità personale capucine lebreton Corps et lois : les passions comme pivot de la moralité chez Montesquieu paulo eduardo arantes Tentativo di identificazione dell’ideologia francese. Una introduzione (1990) a cura di Giovanni Zanotti Michel Henry e la religione a cura di Roberto Formisano roberto formisano Presentazione dei lavori jean leclercq Vita e metodo. 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