Gianfranco Agosti, Nonno di Panapoli. Parafrasi del Vangelo di San Giovanni. Canto Quinto

Byzantinische Zeitschrift 97 (2):571-573 (2004)
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Abstract

Se l'attenzione maggiore degli studiosi si è da sempre concentrata sulle Dionisiache, non di meno negli ultimi vent'anni si assiste a un rinnovato interesse per l'altro poema esametrico attribuito a Nonno, la Parafrasi del Vangelo di Giovanni; ciò soprattutto per merito di Enrico Livrea e della sua scuola fiorentina, di cui anche l'autore di questo volume fa parte. Esso rappresenta una tappa ulteriore – dopo l'edizione del Canto I (De Stefani), del Canto II (Livrea), del Canto XVIII (Livrea) e del Canto XX (Accorinti) – in quello che si annuncia come un progetto di edizione critica commentata di tutti canti del poema sacro nonniano: progetto certamente ambizioso ma indispensabile per fare luce piena su un momento fondamentale dell'epica tardoantica. Diversamente dalla poesia centonaria, Nonno, pur seguendo dappresso la Vorlage evangelica, volle fare opera in qualche misura originale e ci riuscì, pur con uno stile che non si potrebbe immaginare più contrastante rispetto alla austera sobrietà del dettato giovanneo. Il volume di Agosti, sostenuto da una ricchissima e pressocché completa bibliografia, si apre con una Introduzione assai ampia e decisamente pregevole per la capacità dimostrata dallo studioso di inquadrare il poema nonniano nell'ambito vasto dell'epica tardoantica non solo greca ma anche latina: da questo punto di vista illuminanti appaiono i raffronti con Giovenco, Aratore, Claudiano, Prudenzio, Commodiano, oltre che, naturalmente, con Gregorio Nazianzeno, Eudocia e gli Homerocentones. Convinto che il Nonno parafraste sia il medesimo autore delle Dionisiache, Agosti ritiene decisamente superata la tesi contraria, e intelligentemente si limita a rilevare la straordinaria affinità fra i due poemi non solo a livello stilistico, linguistico e metrico, ma anche – aspetto forse ancora più sorprendente – sotto il profilo concettuale: «Vi sono elementi di chiaro influsso cristiano nelle D. e d'altra parte la figura di Cristo tende ad assumere alcuni tratti bacchici nella P.» (p. 46). Una tesi, questa, che viene corroborata con numerosi raffronti puntuali nelle dense note di commento. Essendo gran parte del Canto Quinto, corrispondente al quinto capitolo del vangelo giovanneo, dedicato al miracolo del paralitico guarito nella piscina di Bethesda, viene affrontato il problema dello spazio dedicato ai miracoli di guarigione nel mondo pagano e cristiano del V secolo, in particolare nell'ambiente egizio dove Nonno visse e operò (ma molto cauto si mostra, a mio avviso saggiamente, l'Autore nei confronti di identificazioni troppo incerte, come quella che vorrebbe Nonno vescovo di Edessa). Il lettore deduce dalle sue considerazioni come nulla di sorprendente o di aberrante l'uomo tardoantico potesse scorgere nel racconto di Giovanni, che anzi non discorda da analoghe imprese attribuite ad Asclepio, il dio guaritore ϰατεξοχήν, ma anche a taumaturghi come Apollonio di Tiana: si trattava, se mai, di una sorta di concorrenza fra Cristo e i suoi omologhi e rivali pagani. Allo stesso modo, Agosti pensa che il pubblico della Parafrasi e quello delle Dionisiache fosse in sostanza il medesimo, forse con una percentuale cristiana maggiore nel primo caso e minore nel secondo. Ovviamente si rimane nel campo delle ipotesi, ma certo il sincretismo del tempo poteva forse spingersi tanto avanti da giustificare simile osmosi, anche se appare lecito dubitare che cristiani convinti giungessero a tollerare l'incredibile ampiezza del poema a gloria di Dioniso, e, viceversa, che a un pubblico pagano potesse veramente interessare il vangelo di Giovanni – di cui per altro Agosti segnala qualche risonanza in ambiente neoplatonico. Meritorie appaiono anche le osservazioni sul retroterra esegetico del poema sacro, «più vicino all'esegesi che alla parafrasi stricto sensu» (p. 111), con particolare riferimento al commento giovanneo di Cirillo d'Alessandria: una consonanza del resto già osservata da altri studiosi della Parafrasi. Nelle note l'Autore cita numerosi passi da Cirillo, non nascondendosi comunque la notevole libertà con cui Nonno – il cui intento primario non dovette certo essere teologico – se ne servì. Non meno interessanti le considerazioni su alcuni punti di contatto con la liturgia, tema di cui Agosti segnala la non secondaria importanza per una valutazione corretta e completa dell'epica cristiana.

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