Abstract
Nel mio articolo mi propongo di mostrare come nell'opera filosofica di D. Diderot la ridefinizione della materia - attiva e capace di dar origine continuamente a nuove forme - passi per la riconsiderazione dei suoi rapporti con l'immaginazione e le capacità rappresentative umane. A tal fine, prenderò in analisi uno specifico passo de Le rêve de d'Alembert, nel quale Diderot metaforizza la capacità della materia di divenire attiva a partire dalla riduzione in polvere di una statua di Falconet. Si dimostrerà che l'opera dello scultore, distrutta e consegnata a nuova vita dal philosophe, non è dedicata a un soggetto qualsiasi: essa rappresenta infatti Pigmalione ai piedi della statua che si anima. La materia che si anima è allora in Diderot quella che già rappresenta la materia stessa nell'atto di animarsi. Facendo del mito ovidiano di Pigmalione il baricentro della riflessione settecentesca sulla materia e sull'immagine, nella loro reciproca interazione, il mio articolo cercherà pertanto di ridefinirne i rapporti reciproci e, attraverso una fisiologia che si origina da una tattilità diffusa, traccerà i contorni di un materialismo in cui materia e rappresentazione, cose e immagini convivono all'altezza di un'immaginazione che continuamente dà forma al reale e alle parole che lo descrivono e lo riscrivono.