After noting the absence of a mutual confrontation, the aim of this research has been redefined in reconstructing the influence of Habermas’ writings on the work of Zygmunt Bauman – an aspect known to scholars of the Polish sociologist but not very well recognized in the international sociological community. Following a philological and critical literary approach, the Baumanian interpretations – selective, discontinuous and, often, erroneous – have been systematized into two main topics: 1) the epistemological foundations of social theory; 2) (...) the normative foundations of critical theory (and the relationship with praxis). Bauman; Habermas; sociology; (post)modernity; praxis Dopo aver constatato l’inesistenza di un reciproco confronto, lo scopo della ricerca si è ridefinito nel ricostruire l’influenza degli scritti di Habermas sull’opera di Zygmunt Bauman – un aspetto noto agli studiosi del sociologo polacco ma poco conosciuto nella comunità socio-logica internazionale. Seguendo un approccio filologico e critico letterario, le interpretazioni baumaniane – selettive, discontinue e, spesso, erronee – sono state sistematizzate in due principali temi: 1) i fonda-menti conoscitivi della teoria sociale; 2) i fondamenti normativi della teoria critica (e il rapporto con la prassi). -/- Parole chiave: Bauman; Habermas; sociologia; (post)modernità; prassi -/- In "Zygmunt Bauman. I cancelli dell’acqua", a cura di Riccardo Mazzeo. Maria Caterina Federici, Editoriale. Bauman e dell’incertezza Riccardo Mazzeo, Premessa. I cancelli dell’acqua Riccardo Mazzeo, Introduzione. Il pendolo di Zygmunt Bauman - Mauro Magatti, Siamo ancora nella modernità liquida? Un esercizio di sociologia baumaniana - Benedetto Vecchi, La missione impossibile di Zygmunt Bauman - Vanni Codeluppi, Bauman: il consumo come compito - Raffaele Federici, Forme e impressionismo nel disagio della postmodernità - Vincenzo Romania, Zygmunt Bauman e la modernità dell’Olocausto: fra crucialità delle domande e debolezza delle risposte - Daniele Francesconi, Zygmunt Bauman. L’intellettuale sulla scena - Claudio Tugnoli, La morte di "terzo grado" come stile di vita. Esorcismi della paura nell’opera di Zygmunt Bauman - Sabina Curti, Paura liquida e ruolo degli intellettuali in Zygmunt Bauman - Luca Corchia, Bauman e Habermas su teoria e prassi. Alle origini di un confronto incompiuto - Marta Carlini, Jakub Pichalski, Bibliografia ragionata degli scritti italiani di e su Zygmunt Bauman - Federico Batini, Giulia Toti, Una scuola per tutti? Riflessioni a margine di "Conversazioni sull’educazione" Recensioni. (shrink)
For a long time, popular music has been presented as a field of loisir, devoid of artistic value, social expression of barbaric subcultures and product of a cultural industry aimed at mass distraction. In this perspective, the criticism of Theodor W. Adorno is crucial and, even today, his theses – on the aesthetic inferiority of popular music compared to the “cultivated” music and on the deplorable socio-cultural effects of its diffusion – are still a shared judgment. Even for this reason, (...) they deserve attention. After showing, we will focus on the critics about Adorno’s Theory by the most recent and important scholars. (shrink)
Al centro della riflessione della filosofia e delle scienze sociali, il concetto di cultura ha assunto uno spettro di significati difficilmente riassumibile in una definizione che non sia multidimensionale. Numerose sono le province di significato in cui tale concetto ricorre riflessivamente portando in primo piano ordini di realtà e punti di vista analitici differenziati. Oltre all’identità multiforme le analisi della cultura presentano sul piano storico un contesto di genesi prettamente moderno la cui rilevanza è crescente. Accanto alla coltivazione dello “spirito”, (...) come erudizione e raffinatezza personale, saranno le scienze storiche e l’antropologia, tra l’inizio e la fine dell’‘800, a dischiudere la nuova conoscenza verso quella “tela di ragno” di rappresentazioni, costumi e disposizioni di cui gli esseri umani sono, al contempo, artefici e prodotto. Il presente volume sistematizza le complesse riflessioni di Jürgen Habermas sulle forme di sapere “implicite” ed “esplicite” alla base dei processi di comprensione e di apprendimento: il linguaggio simbolico e grammaticale, il senso comune, le immagini del mondo (la mitologia, le religioni e la metafisica), le sfere di valore specialistiche (le scienze e le tecniche, le morali e il diritto, l’estetica e le arti), i loro prodotti e le procedure, ma anche le competenze cognitive, sociali ed espressive necessarie per “maneggiare” tali argomenti. Si tratta di una ricostruzione che, all’interno di un “programma di ricerca” che Habermas recupera dai classici del pensiero sociologico, lascia emergere la riproduzione culturale come una sfera analiticamente distinta della società ma interdipendente con i processi di integrazione sociale e di socializzazione. (shrink)
Jürgen Habermas ha dedicato più di trent’anni dei suoi studi alle scienze sociali al fine di definire, attraverso la ricostruzione delle tradizioni di pensiero in esse presenti, un quadro teorico di riferimento che orienti i programmi della ricerca storico-sociale. Al pari dei grandi classici del pensiero sociologico, egli ha cercato di affrontare i “problemi della società nel suo insieme” esplicitando gli assunti, i metodi e gli obiettivi della teoria sociale come presupposto indispensabile per un’indagine che ampli i confini disciplinari della (...) sociologia, da un lato, alla riflessione filosofica, dall’altro alla ricerca storiografica. Nel lungo itinerario della sua formazione scientifica questo programma rappresenta il filo conduttore nell’analisi dei “sistemi culturali”, dei “sistemi sociali”, dei “sistemi della personalità” e, soprattutto, nella “teoria dell’evoluzione sociale”, dalla ricostruzione delle condizioni necessarie alla genesi antropologica delle forme socio-culturali di vita – l’“ominizzazione” – sino all’esame della logica e della dinamica di sviluppo delle “formazioni sociali” che egli suddivide in primitive, tradizionali, moderne e contemporanee. Nella Postfazione all’edizione italiana di Profili politico-filosofici (2000), una raccolta che contiene scritti di quarantacinque anni di studi (1953-1998), Leonardo Ceppa sottolinea i due aspetti essenziali dell’opera di Habermas: “la coerenza teorica” e il “carattere assimilatorio”. Habermas non è un pensatore “rivoluzionario” ma un “riformista” che, ricorrendo a un’immagine ingegneristica, all’isolamento del “pensiero che scava fossati” preferisce “costruire ponti” tra i campi del sapere. Questa ricerca si segnala per il tentativo di recepire criticamente le acquisizioni specialistiche delle scienze sociali e della filosofia finalizzando questa tensione apprenditiva alla costruzione di un quadro generale. Nato dai nostri colloqui seminariali, di cui mantiene la forma dialogica dei “turni di parola”, il presente volume focalizza lo sguardo sulle società contemporanee – ripercorrendone la struttura, le sfide presenti e gli scenari futuri – e sulla funzione sociale della sociologia. Ne scaturisce un’indagine di fenomeni fondamentali per comprendere le trasformazioni della modernità: la modernizzazione, il capitalismo organizzato, lo stato sociale, la democrazia politica, la diversità culturale, l’opinione pubblica nell’epoca dei media, la globalizzazione, la crisi ecologica, le disuguaglianze mondiali, i conflitti nazionalistici, il terrorismo islamico, la secolarizzazione, l’ingegneria genetica, l’integrazione europea e la politica mondiale. Nel riordinare i temi sociologici da lui proposti abbiamo cercato di sistemare l’analisi delle società contemporanee a un livello che non si accomodi sul piano dei commenti troppo facili che gli intellettuali, i politici e la gente comune amano fare sull’attualità e che, mantenendo una visione d’insieme sull’opera, chiarisca il testo e i suoi punti ciechi. Il volume si propone come uno strumento di lavoro che accompagni a una lettura critica. Sullo sfondo rimane la domanda se Habermas riesca davvero a conseguire, nei suoi itinerari attraverso la “storia delle idee”, la coerenza logica e la profondità d’indagine necessarie a “sistematizzare” le ricerche delle scienze sociali. Alcune perplessità avvalorate dal confronto con i testi e con la letteratura critica ci hanno suggerito di riservare ai problemi metodologici uno studio specifico che chiarisca il concetto di “scienza ricostruttiva” e ne illustri le applicazioni nell’ambito delle teorie della riproduzione culturale, della socializzazione e dell’evoluzione delle formazioni sociali – uno studio le cui linee sono solo anticipate nell’Introduzione. Il programma di ricerca e la sua recezione critica, relativamente agli assunti della teoria dell’evoluzione sociale. Riprendendo una felice espressione di Karl Popper, ci auguriamo di aver raggiunto la chiarezza argomentativa e la semplicità linguistica dovuta al lettore, confidando nella “cooperazione amichevole-ostile di molti scienziati”. (shrink)
Lo studio della personalità umana ha impegnato, per lungo tempo, la riflessione di Habermas non solo perché egli interessato a indagare l’apporto delle funzioni soggettive al processo di riproduzione simbolica delle altre componenti del mondo vitale e, viceversa, come queste forniscano il contesto socio-culturale dell’ontogenesi. Il confronto con l’epistemologia genetica di Piaget, Kohlberg e Selman, la psicologia sociale di Mead e la psicoanalisi freudiana dischiude, soprattutto, l’orizzonte interpretativo all’interno dal quale Habermas ricercava un modello per la configurazione metodologica delle scienze (...) sociali in una prospettiva ricostruttiva. Questa è la ragione fondamentale per cui è opportuno interessarsi al tentativo habermasiano di applicare il modello ricostruttivo nel campo della teoria della socializzazione. (shrink)
Johann Wolfgang Goethe-Universität / Archivzentrum UBA Ffm Bestand Na 60 Beschreibung Identifikation (kurz) Laufzeit: 1950-1994 -/- Bestandsgeschichte: Jürgen Habermas (geb. 1929), Professor für Philosophie und Sozio-logie an der Goethe-Universität (1964-1971, 1975-1982 und 1983-1994) und Direktor des Max-Planck-Instituts zur Erforschung der Lebensbedingungen der wissenschaftlich-technischen Welt, ab 1980 Max-Planck-Institut für Sozialwissenschaften, (1971-1981), gilt als einer der bedeutendsten lebenden deutschen Philosophen der Gegenwart. Ha-bermas rezipierte die Kritische Theorie und entwickelte darüber hinausgehende Theo-rien in der Sozialphilosophie. Die Unterlagen wurden von Jürgen Habermas im Frühjahr (...) 2010 an das Archivzentrum abgegeben. Findmittel: verzeichnet Weitere Angaben (Bestand) Zusatzinformationen: Der Vorlass von Jürgen Habermas ist komplett verzeichnet, je-doch nur für die Korrespondenzen 1954 - 1994 online freigeschaltet. Alle anderen Ver-zeichnungseinheiten sind hier nicht einsehbar. Gliederung: 1. Korrespondenzen 2. Lehre und wissenschaftliche Arbeit 3. Monographien und Aufsatzbände 4. Sammlungen -/- https://arcinsys.hessen.de/arcinsys/llist?nodeid=g156869&page=1&reload=true&sorting=41 . (shrink)
The text examines the attempt by Jürgen Habermas to renew the tasks of critical theory. The systematic reconstruction of his writings reveals a system of typical functions: a) the rationalization of instrumental and strategic action in the material reproduction of social systems (social technology); b) the analysis of the pathologies in the symbolic reproduction of the world of life; c) the clarification of the cognitive, value and expressive models in the public sphere; d) the unveiling of false representations that dominate (...) the mainstream (critique of ideology); e) sketching out alternatives to the status quo, through the utopia of a non-reified communicative everyday practice. All these functions actualize the Enlightenment project to place the cultural tradition in the service of civil and social progress. This ambitious program, however, must recognize the limitations of critical theory, with respect to the need for consolation and hope of human existence. The dialogue between philosophy and religion, which marks the last decade of Habermas's reflection, should be understood in this light. (shrink)
The aim of this paper is to show how Habermas used the writings of George Herbert Mead. This subject has already been examined by the critical literature; however, the originality of this analysis with respect to previous studies lies in its philological approach. The result of the research proves that the interest of Habermas towards the American social psychologist originates well before the Theory of Communicative Action and accompanies the elaboration of Habermas’ research programme for over two decades. It is (...) interesting to observe that the references to Mead’s writings continued to be very selective and focused on the same three particular areas: on the methodological level, around the problem of the foundation of the social sciences; on the theoretical level, around ontogenetic and phylogenetic development; on the moral level, around the justification of the discourse ethic and, more generally, the idea of a post-metaphysical concept of reason. This paper also shows the remarkable coherence with which Habermas is developing a general theory of society and a philosophy of rational discourse. (shrink)
The outcomes of a bibliographic review on political communication, in particular electoral communication in social networks, are presented here. The electoral campaigning are a crucial test to verify the transformations of the media system and of the forms and uses of the linguistic acts by dominant actors in public sphere – candidates, parties, journalists and Gatekeepers. The aim is to reconstruct the first elements of an analytical model on the transformations of the political public sphere, with which to systematize the (...) results of the main empirical research carried out in recent years, in particular those conducted with a promising methodology: Digital Trace Data Analysis. (shrink)
The aim of this study is to discern intersections between the intellectual path of the young Habermas and the issues addressed by the Positivismusstreit, the dispute between Popper and Adorno about methodology in the social sciences. I will present two perspectives, focusing on different temporal moments and interpretative problems. First, I will investigate the young Habermas’ relationship to the intellectual tradition of the Frankfurt School: his views on philosophy and the social sciences, normative bases of critical theory and political attitudes. (...) Second, I will reconstruct Habermas’ contemplation of the Positivismusstreit, in light of his social scientific research programme in the 1960s. The thesis supported is that Habermas developed a position diverging from those of Adorno and Horkheimer, and that his position reasserted the agenda of the ‘first critical theory’. This article highlight the discontinuity between the first and the second generation of the Frankfurt School, the constructive openness to other philosophical and sociological traditions, as well as the aporias of a theory of knowledge not yet oriented towards the programme of reconstructive sciences. (shrink)
In Italien war die Rezeption von Jürgen Habermas über die Jahrzehnte konstant; bibliographischen Daten zufolge steht Italien nach Deutschland und den USA an dritter Stelle. Dennoch lautet unsere These, dass das Forschungsprogramm von Habermas in der italienischen scientific community marginal war – insofern ist im soziologischen Sinne Pierre Bourdieus eher von einem akademisch-wissenschaftlichen »Feld« zu sprechen, da es bezogen auf die Habermas-Rezeption keine Homogenität und Identität gibt.
Il breve saggio si propone di esaminare la centralità della figura materna nell’opera di un ingegnoso costruttore di storie della letteratura italiana del Novecento: Alberto Moravia. La scelta dell’Autore nasce dalla rilevanza della tematica nella sua opera, in cui peraltro è quasi sempre assente il punto di vista femminile delle “voci” delle donne. Ciò sembra paradossale e questa circostanza è di grande interesse critico. In particolare, a dispetto delle interpretazioni più canoniche, secondo cui Moravia – negli scritti realizzati tra il (...) 1929 e il 1964 – ha inteso compiere una “distruzione” dell’immagine materna nel quadro di una visione pessimista della famiglia borghese, dovremo considerare un più complesso e articolato universo materno nello scrittore romano, in cui è possibile ricostruire cinque modelli – la “madre autoritaria”, la “madre-non madre”, la “madre padrona”, la “madre-angelo custode” e la “madre-seduttrice” –, ben esemplificati nei principali romanzi ma che si ritrovano nei racconti che Moravia scrive ininterrottamente dagli anni Trenta agli anni Sessanta, la cui mole ha determinato, ancor oggi, una mancanza di studi sistematici. In secondo luogo, la tematica della madre sarà esaminata nelle trasposizioni cinematografiche italiane delle opere letterarie di Moravia. Va ricordato che il rapporto dello scrittore con il cinema fu particolarmente intenso. Per un verso, la “settima arte” rivestì un ruolo non secondario nella formazione ed esperienza estetica dell’Autore romano, che al cinema si interessò anche professionalmente nelle vesti di critico cinematografico, a partire dal primo dopoguerra, dapprima, per La nuova Europa e Libera stampa, poi, per L’Europeo e L’Espresso, a cui dobbiamo aggiungere l’attività di saggista per numerose riviste specializzate. Per altro verso, il cinema italiano non solo ha attinto a “mani basse” dall’opera di Moravia per sceneggiature di pellicole, che furono pietre miliari della sua storia. L’elenco dei romanzi e racconti adattati al grande schermo rende conto della grande influenza nella cultura italiana degli anni Cinquanta e Sessanta: La provinciale (1953) di Mario Soldati, La romana (1954) di Luigi Zampa, Peccato che sia una canaglia (1954) di Alessandro Blasetti, Racconti romani (1955) di Gianni Franciolini, La ciociara (1960) di Vittorio de Sica, La giornata balorda (1960) di Mauro Bolognini, Risate di gioia (1960) di Mario Monicelli, Agostino (o la perdita dell’innocenza) (1962) di Mauro Bolognini, La noia (1963) di Damiano Damiani, Gli indifferenti (1964) di Francesco Maselli, Le ore nude (1964) di Marco Vicario, La donna invisibile (1969) di Paolo Spinola, Una ragazza piuttosto complicata (1969) di Damiano Damiani, L’amore coniugale (1970) di Dacia Maraini, Il conformista (1970) di Bernardo Bertolucci, e molti altri ancora. Come avremo modo soltanto di accennare, il successo della letteratura moraviana nel mondo del cinema italiano si deve a molteplici fattori, tra cui la raffigurazione dei personaggi e degli ambienti, la focalizzazione su certe tematiche e, non da ultimo, lo stile narrativo, particolarmente adatto alle trasposizioni cinematografiche. Come caso di studio, ci soffermeremo, infine, sulla figura materna della versione filmica de La noia di Damiani, con l’obiettivo di verificare se nel passaggio dal libro alla pellicola, quella particolare connotazione della madre autoritaria abbia subito delle alterazioni. L’ipotesi che muove l’analisi è che la stesura delle sceneggiature, la raffigurazione dei personaggi e la messa in scena delle sequenze filmiche facciano emergere un riadattamento adeguato al largo pubblico, con il sovvertimento dell’andamento cronologico, alcune “lacune” di ordine psicologico nella raffigurazione dei protagonisti e un certo cedimento moralistico alla cultura ancora dominante negli anni ’50 e ’60, in cui la figura materna, sia quando è incattivita dalla povertà che quando è inaridita dalla ricchezza, anela comunque agli affetti familiari, trovando in essi una qualche forma di redenzione. (shrink)
Il saggio intende ricollocare gli studi di Jürgen Habermas sui mutamenti di struttura della sfera pubblica politica nel campo disciplinare della political communication research al fine di indicare operativamente quali elementi fattuali potrebbero confermare la validità del modello normativo deliberativo. Dopo aver introdotto gli esigenti principi pragmatici che improntano l’approccio funzionalista dello studioso tedesco, vengono si-stematizzate le sue riflessioni sull’indipendenza dei media dai sotto-sistemi economici e politico-amministrativi e sugli effetti della comunicazione mediale sul pubblico, considerando la struttura delle relazioni e (...) la qualità dell’informazione. Da ultimo, verrà presentata la tesi – oggi divenuta ancor più controversa – che la concezione deliberativa sia in grado di mantenere una “grandezza controfattuale” grazie al ruolo-guida della “stampa di qualità” e all’impegno degli intellettuali “veri”. (shrink)
1. Introduzione; 2. Definizioni: chi sono gli immigrati di seconda generazione?; 3. Precauzioni: declinare il concetto di seconda generazione al plurale?; 4. Specificità: in che cosa sono diverse dalle prime generazioni?; 4.1. Il differenziale linguistico; 4.2. L’acculturazione tra comunità di origine e di accoglienza; 4.3. La disposizione verso la partecipazione alla vita pubblica; 4.4. Prospettive di autorealizzazione e conflitto intergenerazionale; 4.5. La socializzazione illusoria e il rischio di downward assimilation; Riferimenti bibliografici.
On September 13, 1998, Zygmunt Bauman was honoured with the Theodor W. Adorno-Preis which the free city of Frankfurt am Main awards each year in the deconsecrated church of St. Paul, a highly symbolic place where the first democratic parliament sessions were held during the revolution of 1848-49. Not without surprise, in his thanksgiving speech, he de-clared that he felt like a “disciple of Adorno”. The intention of this essay is to reconstruct Bauman's real intellectual debt, through an analysis of (...) his writings and those of Adorno, trying to demonstrate that, in spite of Bauman's compliant criticism, it is an apparent legacy. (shrink)
Après avoir introduit la notion d’espace public dans le contexte de la « théorie générale de la société » avec laquelle Habermas a entrepris une reconstruction de l’évolution des systèmes sociaux et, aussi, de la naissance de la sphère publique au cœur des sociétés bourgeoises et des changements à travers et au-delà des sociétés de masse, cet article se propose d’élaborer un cadre analytique du modèle habermasien de la sphère politique publique, décrivant aujourd’hui sa structure et ses fonctions spécifiques, par (...) rapport à la société civile et au système politique (fonctions de «caisse de résonance », « filtre », « contrôle » et « pression de rationalisation »). Dans un effort pour clarifier le «sens critique» d’un modèle de recherche « normatif » dans son contenu, mais suffisamment « réaliste », Habermas remonte à deux questions essentielles pour des sciences de la communication: a) l’indépendance des médias de masse; et b) les leur effets sur l’auditoire. Ce passage permet de mettre en évidence la « structure » et la « qualité » de la discussion publique. (shrink)
Jürgen Habermas (Düsseldorf, 18 giugno 1929) è tra gli studiosi più importanti nel campo delle scienze sociali e della filosofia. La reputazione internazionale si accompagna all’influenza degli interventi politici sulla formazione delle opinioni pubbliche, soprattutto nel riformismo liberal-socialista europeo e americano. Licenziarne in poche pagine l’itinerario intellettuale è un’impresa ardua, considerando che non si riduce alle pubblicazioni ma rimanda a un contesto storico e culturale a cui l’opera e la biografia sono intessute a doppio filo. Proviamo a dare conto della (...) vastità e ricchezza dei suoi interessi, nell’intento di mostrare l’originalità della riflessione teorica, delle analisi sociali e dell’impegno critico di Habermas, ben oltre l’etichetta impropria di maggior esponente della seconda generazione della scuola di Francoforte. (shrink)
Nel presente articolo esamino l’idea di una “sociologia riflessiva” – a lungo professata e auto-imposta da parte di Pierre Bourdieu – che tematizza il rapporto tra la teoria sociale e la prassi di vita al fine di riflettere sulle modalità pratiche della ricerca sociologica e di interpretare il ruolo svolto dai sociologi in quanto tali nella riproduzione dell’ordine sociale. Secondo Bourdieu, infatti, il controllo del rapporto tra il ricercatore e l’oggetto di indagine deve avvenire, al contempo, su tre livelli di (...) riflessione: sul piano delle condizioni epistemologiche e socio-culturali che rendono possibile la pretesa di scientificità della conoscenza sociologica, sul piano delle disposizioni pratiche che orientano il lavoro di ricerca di soggetti dotati di particolari habitus, e sul piano della loro collocazione specifica nel campo culturale e nello spazio sociale. Questa compresenza di riflessioni sui concetti, sui metodi e sui compiti della teoria sociologica conferma la continuità dei suoi studi rispetti ai classici, con una particolare attenzione a disseminare le armi di difesa contro la dominazione. (shrink)
Nel presente articolo sono illustrati i concetti che distinguono la sociologia di Pierre Bourdieu – campo, capitale, habitus, interesse, azione – indicando il nesso tra la costruzione di definizioni astratte, più frequenti negli scritti degli anni ’70, e la pratica di ricerca da cui quei concetti derivano e in cui trovano applicazione. Il sociologo francese ha costruito, infatti, un sistema di concetti interconnessi con cui descrive le componenti e i processi di riproduzione fon-damentali del mondo sociale e indirizza le ricerche (...) empiriche su ambiti d’analisi particolari. D’altra parte, egli ha mostrato una resistenza a presentarlo criticando le operazioni “scolastiche” di sistematizzazione che, secondo il sociologo, “normalizzano” l’opera ai fini accademici dell’insegnamento e intellettuali della divulgazione facendo perdere la complessità del lavoro in cui i concetti sono impiegati. Egli ritiene, infatti, che non si possa comprendere l’opera – l’opus operatum – se non si restituisce al “fare” della ricerca sugli oggetti – modus operandi. (shrink)
After a critique of the conservative and speculative approaches dominating the field of the protection and promotion of cultural heritage, the paper introduces a sociological perspective that considers cultural heritage an essential factor of identification and belonging, as well as a mean for the reproduction of life forms. The heritage of the past, in fact, is a living body contributing to the symbolic transmis-sion of the aesthetic, ethical and cognitive values of communities. Rather than the protection of guardians and the (...) exploitation of traders, this heritage needs the ac-tive participation of citizens to its regeneration. The paper then argues for a “secularization” of the cultural heritage, shielding it from the separetedness of musealization and returning the religious sense of bond to its sacredness. The sociological perspective has the task of revealing that awareness and proposing strategies for the construction of integrated networks of rational practices. (shrink)
Collocandosi nell’ambito della “sistematica” delle teorie sociologiche, il saggio intende compendiare le analisi sulla socializzazione e individualizzazione che Jürgen Habermas ha elaborato per lo più in modo frammentario. Saranno evidenziati la collocazione delle riflessioni sull’ontogenesi nel quadro delle scienze sociali, i presupposti dell’originale approccio “ricostruttivo” e i lineamenti della logica di sviluppo dei processi di apprendimento cognitivi, relazionali e identitari che dalla prima infanzia conducono alla maturità, segnalando da ultimo taluni aspetti critici che la letteratura potrebbe indagare.
Il concetto di “inclusione” fa riferimento alla domanda “chi partecipa?”, ovvero alla questione cruciale di come vengono determinati in astratto e selezionati concretamente i soggetti della società civile a cui viene demandata la deliberazione su taluni aspetti dei processi decisionali delle amministrazioni pubbliche. L’Autore affronta i principali aspetti teorici e metodologici, confrontando le risposte della letteratura critica con le norme della legge n. 69/2007 della Regione Toscana sulla promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali. Dalla disamina emerge (...) un insieme di scelte pregiudiziali che specifica cosa significhi democrazia deliberativa, come essa si realizzi nei processi partecipativi e quali misure vadano prese per evitare il consolidarsi di meccanismi sociali selettivi. (shrink)
The essay describes some crucial moments in the intellectual biography of Ralf Dahrendorf and Jürgen Habermas, focusing on their frequent relationships in the first forty years. This research shows that, beyond the many divergences, what linked them in an enduring sodality was a radically democratic orientation that was consolidated in some epochal caesuras of German history: the advent of the Third Reich, the Second World War and the Anglo-American liberal “re-education”, the “normalization” of the Adenauer era, the crisis of democracy (...) and the protest of the “Sixty-eight”. (shrink)
Nella Premessa al "Discorso filosofico della modernità" (1985) Habermas scrive, in maniera enfatica, che il tema, ricco di sfaccettature, della “modernità come progetto in-compiuto” segna l’inizio la sua riflessione e dagli anni ’80 “non gli ha dato più pace”. In effetti, la “modernità” si presenta come un “oggetto d’analisi obbligato” anche solo dal punto di vista del necessario auto-chiarimento disciplinare. È con la formazione delle società moderne che si differenziano come “forme del sapere specialistico”, la scienza politica, l’economia politica, l’antropologia (...) culturale e la sociologia. Ed è, ancora, dalla prospettiva della “riflessione filosofica” che si avvia dal tardo secolo XVIII una rinnovata consapevolezza intellettuale intorno alla coscienza storica del tempo moderno, ai principi costitutivi del “nuovo mondo” e alle “cesure” rispetto alla cultura passata. Non si deve, però, ridurre il concetto di modernità alla visione filosofica del mondo. Anche questa prospettiva – peraltro presente negli scritti di Habermas –, deve essere ricondotta all’interno del programma di ricerca della “teoria dell’evoluzione sociale”, considerando assieme i processi di “razionalizzazione culturale” del mondo vitale e la “differenziazione” di nuovi “principi di organizzazione sociale” rispetto a quelli con cui si erano riprodotte le formazioni tradizionali. Il merito dei suoi studi, una volta ricondotti a unità, è di seguire la trasformazione delle sfere culturali di valore alla luce dei problemi che coinvolgono la riproduzione delle strutture sociali e delle forme di vita tradizionali, mediando le esigenze della teorizzazione astratta e le vicende della storia con-creta. In tal senso, egli segue la tradizione di ricerca dei classici del pensiero sociale, da Comte sino alla scuola di Parsons, attraverso Marx, Durkheim e Weber. Dopo aver esposto in che cosa consiste, secondo il nostro Autore, il “razionalismo occidentale”, qui, ci limitiamo a fornire un indice ragionato dei temi con cui Habermas ha ricostruito il concetto “formazione sociale moderna” attraverso l'analisi degli “albori della modernità”, delle “società capitalistico-liberali” e delle “società contemporanee”. (shrink)
Nel primo paragrafo sarà esaminato l’impianto normativo che regola le pubbliche amministrazioni, riformato dalle l. n. 142 e n. 241 del 1990, dal D.Lgs. 29/1993, dalle “leggi Bassanini” e dalla legge-quadro 150/2000, sia riguardo al diritto di accesso nei confronti dell’attività dell’amministrazione, sia in merito al radicamento di criteri di efficacia, efficienza ed economicità delle policies sia agli strumenti con cui gli Enti locali e cittadini possono comunicare. Gli anni ‘90 segnano l’inizio di un processo volto alla riorganizzazione delle PA (...) a partire dalla centralità della comunicazione istituzionale ma anche della concezione del “diritto all’informazione” nelle tre accezioni di diritto “di informare, “di informarsi” e “essere informati”. La Levi ha ben sottolineato “la rapidità inusuale nella storia nazionale” di tale riforma e la centralità assunta in essa dalle dimensioni dell’informazione, della comunicazione e della partecipazione: "In sintesi, si può ritenere legittimo concludere che le riforme del decennio 1990-2000 abbiano segnato il passaggio dal segreto alla trasparenza e dall’unilateralità alla partecipazione. Le politiche di modernizzazione in tema di comunicazione pubblica e di maggiore trasparenza dell’attività dell’amministrazione si sono mosse verso una più marcata tutela dei diritti dei cittadini e verso l’accentuazione del risultato dell’azione amministrativa" (2004, p. 16). Grandi ha ribadito che tale evoluzione costituisce nella cultura politica dello stato di diritto una «sorta di pre-condizione dell’emergere dei nuovi diritti di cittadinanza, intesi quale partecipazione consapevole e informata al processo decisionale pubblico» (Grandi 20022, 13). Nel secondo paragrafo verranno descritte gli ambiti di applicazione, le finalità, gli obiettivi e le strutture della comunicazione istituzionale disciplinate dalla legge n. 150/2000 e dai conseguenti regolamenti attuativi: il Portavoce, l’Ufficio stampa, l’Ufficio per le relazioni al pubblico. Come vedremo, si tratta di una normativa che rappresenta un punto di arrivo e un punto di partenza, in quanto, da un lato, se chiude il decennio delle riforme amministrative, d’altro lato, problematizza compiutamente per la prima volta il rapporto di comunicazione tra PA e cittadini e pone in evidenza tutte le difficoltà nell’implementare le norme nella realtà. Agli elementi critici della comunicazione istituzionale sono riservate le considerazioni conclusive: dal reclutamento e formazione del personale, al coordinamento delle strutture, dal persistere di mentalità burocratiche e autoreferenziale alla carenza di risorse. Il problema delle dotazioni organiche e finanziarie, in particolare, è molto sentito dalle amministrazioni di dimensioni più piccole, le quali spesso ricorrono alla “esternalizzazione” di attività degli uffici di comunicazione, non solo per la produzione editoriale, le campagne pubblicitarie e i servizi di gestione degli eventi, ma anche per il sito internet e i compiti di informazione più tradizionali. In tale situazione, la comunicazione istituzionale, pur dichiarata come strategica, rischia di rimanere un momento residuale dell’azione pubblica sia in termini di processo sia in termini di contenuto, slegata dagli obiettivi dell’organizzazione. (shrink)
The essay ends addressing the fracture lines dividing the European Left as far as the integration process is concerned, also among those who disapprove of the levelling of social democracy with its dominant austerity policies imposed by communitarian institutions. A “duel on the Left” – we one would have written – all the more interesting because Martinelli compares two German intellectuals, both hostile to the lasting compromise of the Große Koalition that governs the country and on which the destiny of (...) the European Union depends. Wolfgang Streeck, director of the Max-Planck-Institut für Gesellschaftsforschung in Cologne, and Jürgen Habermas, the grand maestro of critical theory. (shrink)
Per meglio comprendere la rilevanza della posta in gioco – le condizioni effettive di democratizzazione delle nostre democrazie – è opportuno svolgere alcune considerazioni sul problema generale della legittimità del potere politico, che possiamo ricapitolare in tre punti: ciò che viene reputato legittimo (l’oggetto), 2. chi decide della legittimità (il soggetto) e 3. il criterio che la definisce (l’argomento) . A seconda delle risposte ne discendono diverse visioni della politica. Nel ricostruire il tema introdurremo dei concetti fondamentali – politica, potere, (...) effettività, legittimità, legalità, giustizia, libertà, etc. – e ci avvarremo del contributo di alcuni autori che Norberto Bobbio identificava come “classici”, non secondariamente, per la capacità di elaborare delle categorie generali di cui non si possa fare a meno per interpretare la realtà storico-sociale, anche quella differente dal contesto di genesi e d’uso della loro opera (I). Da ultimo, in maniera assai provvisoria, dovremo chiarire la prospettiva storico-evolutiva, di matrice habermasiana, che orienta l’analisi di Ampola sui modelli di legittimazione degli odierni stati democratici di diritto. Le diverse giustificazioni del potere politico possono essere non solo esaminate e comparate dal punto di vista dei concetti fondamentali e della logica argomentativa e neppure solo documentate storiograficamente nelle loro forme compiute o distorte di istituzionalizzazione. Sullo sfondo della riflessione sulla democratizzazione c’è l’assunto che la costellazione dei problemi si collochi nel quadro di uno sviluppo normativo discontinuo delle società umane di cui la teoria dell’evoluzione sociale può ricostruire la logica e la dinamica (II). (shrink)
Le discussioni sulle tecnologie digitali e Internet e sulle loro applicazioni nel campo della politica sono l’inevitabile portato di un mutamento di più ampia rilevanza che coinvolge ogni aspetto economico, sociale e culturale della contemporaneità. È in corso una “rivoluzione tecnologica” di cui ancora non siamo pienamente consapevoli, che scombina assetti ritenuti stabili e sposta l’orizzonte del possibile. Il ceto politico in parte la condiziona e in parte la subisce. Nell’uno e nell’altro caso, possiamo rilevare che non è in grado (...) di capirla. Alle ICT (Information and Communication Technologies) si guarda con la speranza di sincronizzare finalmente l’operato del sistema politico-amministrativo alla rapidità e complessità dei nuovi tempi; e di avvicinare i governati ai governanti visto che la distanza tra le parti è sempre più marcata. Un sano scetticismo verso la capacità dell’apparato istituzionale di ri-generarsi spinge a credere che sarà un’opportunità sprecata se lasciata alla sola iniziativa dei politici: è necessario che la società civile si faccia carico del futuro, del suo futuro. La proposta non è così irrealistica; le comunità del XXI secolo potranno sfidare un divenire sempre più incerto solamente promuovendo la libertà e la responsabilità dei loro membri e creando le condizioni per sprigionare un’“intelligenza collettiva” attualmente dispersa e disconosciuta. Su questo piano si situa l’apporto teorico-analitico di Pierre Lévy, a cui va il merito di aver posto le domande giuste alla scienza e alla politica e di aver stimolato un movimento generale delle idee coerente con i grandi cambiamenti culturali e sociali odierni. (shrink)
Pierre Levy è un professore di filosofia dell’Università di Parigi VIII a Saint-Denis che si è formato alla Sorbona seguendo i corsi dei maestri, M. Serres e C. Castoriadis. I suoi interessi di studio sono rivolti alle trasformazioni dello sviluppo tecnologico nell’ambito delle forme della conoscenza e della comunicazione e alle conseguenze economiche e politiche del nuovo cyberspazio sull’evoluzione antropologica e sociale. Pierre Levy esamina, quindi, i processi basilari del processo di globalizzazione su cui si concentrano le scienze sociali; ma (...) a suo modo, da intellettuale francese che «non aspira all’esattezza storica o scientifica, ma alla fecondità filosofica e pratica». L’intelligenza collettiva. Per un'antropologia del cyberspazio (1994) si presenta come un'opera suggestiva che contiene riflessioni lucide in un linguaggio personalizzato, con concessioni liriche imbarazzati e con una narrazione ridondante. Tuttavia, in questa opera così eterodossa, è possibile ritrovare un nucleo di analisi sociologica che affonda alcune delle sue premesse nella teoria dell’evoluzione dei sistemi sociali. Nella prima parte ,presento la teoria degli spazi antropologici , da una prospettiva diacronica: gli spazi antropologici – Terra, Territorio, Merci, Sapere – corrispondono a sviluppi evolutivi della specie umana - società primitive,antiche, moderne e contemporanee - in un processo discontinuo di significazione della riproduzione simbolica e materiale. Nell’analisi dello Spazio del sapere, si evidenzia come il consolidarsi del nuovo cyberspazio potrebbe ridefinire l’organizzazione e lo sviluppo degli spazi precedenti e si sottolineano le finalità pratiche della complessa prospettiva di Pierre Lévy (A): «una filosofia politica degna di questo nome non può accontentarsi di analizzare e sezionare una situazione senza assumersi il rischio di indicare una via di uscita adeguata». L’ambito dell’analisi diventa, infine, quello delle relazioni armoniche e cacofoniche tra i differenti spazi antropologici con la riuscita metafora dei quattro punti cardinali (B). (shrink)
Pierre Bourdieu si è misurato a lungo con la definizione del “quadro concettuale” della “teoria della società”, a partire dalla riflessione sul rapporto non chiarito fra la “teoria dell’azione” e la “teoria strutturalista”, ossia dalla questione preliminare di come le due principali strategie concettuali attraverso cui si sono orientate le scienze sociali si possano integrare in un “modello unitario”. La “prospettiva relazionale” indaga la genesi, lo sviluppo e la crisi tanto delle strutture sociali quanto delle rappresentazioni, dei comportamenti e dei (...) vissuti soggettivi che si manifestano all’interno di tali strutture, focalizzando l’analisi sui sistemi di relazioni tra oggetti ed eventi piuttosto che sui singoli fenomeni. Bourdieu tenta di superare il tradizionale antagonismo tra la “fisica oggettivista” dello strutturalismo e il “soggettivismo costruttivista” della fenomenologia e della teoria dell’azione, mettendo in relazione la riproduzione-distribuzione delle risorse materiali (“oggettività di primo ordine”) e degli schemi mentali e corporei tramite cui sono interpretate, valutate e vissute le situazioni e si rinnova simbolicamente la società (“oggettività di secondo ordine”). Come vedremo, i concetti di capitale e di habitus a disposizione dei soggetti individuali e collettivi all’interno dello spazio sociale e dei campi specifici caratterizzano tale indagine. (shrink)
Nel presente articolo vengono illustrati gli assunti epistemologici che distinguono la sociologia di Pierre Bourdieu, senza la cui considerazione risultano di difficile comprensione il suo quadro teorico – con i concetti di spazio sociale, habitus, campo, capitale, potere, interesse, classe, etc. – e la “triangolazione” con cui il sociologo francese definisce un “approccio relazionale” che ripensa la connessione tra i paradigmi strutturalisti e individualisti, stabilisce una compiuta dialettica tra teoria della società e ricerca sociale e ridiscute lo statuto scientifico della (...) sociologia rispetto alle altre scienze sociali, alla riflessione filosofica e alla storiografia. (shrink)
Le pratiche partecipative non sono mai state estranee agli enti locali; tuttavia, negli ultimi due decenni si assiste a un proliferare di esperienze differenti per una serie di ragioni ma tutte accomunate dall’intento di ricomporre la distanza che separa le istituzioni dai cittadini. Luca Corchia pone una stretta relazione tra il nuovo interesse verso la partecipazione e l’evoluzione dei compiti degli enti locali. Il cambiamento del sistema amministrativo in direzione dell’autonomia, la modifica delle leggi elettorali in senso maggioritario e altri (...) fattori culturali, quali il revival di tematiche territoriali, l’avvento della società della comunicazione, etc., sono fattori che hanno accresciuto notevolmente l’importanza politica degli enti locali; nonostante la mancata attuazione del cosiddetto “federalismo fiscale” li costringa ancora alla ricerca affannosa di risorse. Si tratta di una trasformazione che la pubblica amministrazione ha dovuto compiere anche per la crisi di rappresentanza, e di mediazione sociale che affligge, da tempo, il sistema dei partiti. I processi di partecipazione civica rappresentano una risposta possibile alle loro difficoltà nel gestire direttamente il dissenso ed accrescere il consenso al ceto politico. Resta da capire se favoriscono o meno una maggiore inclusione dei cittadini nei processi decisionali sugli affari pubblici. (shrink)
I rapporti annuali su Gli italiani e lo stato, coordinati da Ilvo Diamanti, continuano a rilevare che i cittadini sono impegnati negli associazionismi ma disincantati dalla politica. Con le tipiche differenze nelle diverse aree del paese e a seconda del livello istituzionale, accanto alla sfiducia verso le istituzioni pubbliche c’è una propensione alla partecipazione. Come mostrano la diffusione delle primarie e le esperienze di democrazia partecipativa che si moltiplicano a livello locale, si riscontra, infatti, una disponibilità a sperimentare forme di (...) coinvolgimento differenti rispetto alla militanza politica che possono costituire un utile complemento della democrazia rappresentativa e degli strumenti di democrazia diretta. La partecipazione non solo richiede la possibilità legale di votare ma anche un contesto sociale che induca effettivamente il popolo a votare e ad esprimere i propri punti di vista elevando il livello di informazione e il confronto su argomenti alternativi, cercando di evitare nelle controversie pubbliche le valutazioni puramente opportunistiche o emotive. L’interesse qui si rivolge verso il “sondaggio deliberativo” di James S. Fishkin, una procedura molto diversa dal sondaggio d’opinione poiché rovescia la logica demoscopica. Le persone sondate dagli istituti di ricerca a volte non hanno indicazioni adeguate sul tema; altrettanto spesso non ci hanno riflettuto e non hanno confrontato le proprie preferenze, scelte o credenze con gli argomenti in contrasto in una libera e approfondita discussione. Renato Mannheimer, presidente dell’Istituto per gli studi sulla pubblica opinione (Ispo) è d’accordo con l’affermazione secondo cui le persone rispondono anche su ciò che non conoscono e, a suo parere, il problema si fa ancora più evidente a ridosso delle elezioni. Oggi, a suo avviso, la maggior parte della gente vota non per vera convinzione, ma sulla base di impressioni acquisite dalla TV durante le ultime settimane prima del voto. I sondaggi deliberativi, invece, sono diretti a migliorare la qualità del confronto pubblico, attraverso una procedura articolata che favorisce l’informazione,la riflessione e il dibattito, a partire, ovvio, dall’idea di creare un rapporto diverso tra i sondaggi e l’opinione pubblica intenso come misurazione di come muta l’opinione dopo che le persone hanno avuto l’opportunità di diventare più competenti e di confrontare in un dialogo aperto le loro idee. Nonostante alcune riserve di ordine metodologico e taluni rischi di strumentalizzazione politica, l’esame dei sondaggi deliberativi risveglia una viva ammirazione per uno studioso riuscito a riversare la passione civile e l'impegno politico in una pratica democratica concreta alla quale ha dedicato, quasi interamente, molti anni del suo lavoro. Rimane, certo, uno strumento insufficiente a rianimare e risollevare il momento deliberativo nelle democrazie contemporanee, ma nessuno può negare che indichi a tutti la direzione giusta. (shrink)
Nel contributo la partecipazione politica locale viene considerata nell’accezione deliberativa. All’esame del contesto di crisi della responsiveness e dell’accountability del sistema politico-amministrativo, segue una trattazione dei principi (discorsività, inclusività, individualità, imparzialità) del modello deliberativo e delle procedure necessarie per istituzionalizzarli, sino alle questioni controverse dell’efficacia dei processi partecipativi e del rapporto tra democrazia deliberativa e democrazia rappresentativa.
Il saggio affronta alcune contraddizioni in cui si trova il complesso mondo delle organizzazioni di volontariato italiane, alle prese con pressioni funzionali che ne modellano la struttura a somiglianza delle organizzazioni politiche e ne orientano l’operato in chiave imprenditoriale. In particolare, l’analisi empirica della realtà toscana fa emergere una ridefinizione della mission solidaristica che rende problematico il contributo delle associazioni di volontariato alla costruzione della “coesione sociale”. I dati sulla “propensione al networking” sembrano confermare il prevalere di dinamiche di frammentazione, (...) specializzazione e dipendenza dalle pubbliche amministrazioni che impediscono allo “spirito della reticolarità” di condensarsi in “capitale sociale”. (shrink)
The task of this brief presentation is to “establish a dialogue” with Streeck’s text, attempting to fill the hiatus between the answer and the original question that Habermas’ interpretation intended to pose to those wishing to simply dispose of economic and monetary union, ending up by dismantling the political and cultural integration project that inspired the founding fathers. Streeck complains about the “levity” with which many reviewers accepted “as a slogan” the “killer-argument” [Totschlagargument] of the “nostalgic option” provided by the (...) interpretation of his most recent publication and the excuse for his removal from the assembly of “guardians of the Holy Grail”. Now, while acknowledging that in the thesis of the author of Gekaufte Zeit [4] there is no trace of nationalist seeds, which – as Altiero Spinelli observed – “had caused the catastrophe of the two World Wars” [5], Habermas’ critique seizes the unrealistic thoughtlessness of an idea that ends up evoking the system of “European cooperation” between the now impotent national states. We can do without the “specialisation in Europeanism” that according to Streeck, would be required as a preliminary to discuss European policy in the German public arena, but not criticism that is constructive and not defeatist. (shrink)
In Melanconia e società (1969), W. Lepenies si propone di individuare le cause storico-sociali e le conseguenze sociologicamente rilevanti degli atteggiamenti individuali e collettivi melanconici per la genesi, la conservazione e innovazione delle strutture sociali. Egli afferma che non intende definire a priori che cosa sia la melanconia, ma piuttosto ricostruirne il significato tramite le rappresentazioni dei vissuti interiori di coloro che si sono autodefiniti tali attingendo alla letteratura di corte, salottiera nobiliare e borghese, francese e tedesca. In realtà, egli (...) esamina le differenti rappresentazioni della malinconia, alla luce del quadro clinico elaborato dalla psicoanalisi di S. Freud e dalla psichiatria di E. Kraepelin, H. Tellenbach, ecc., e dello schema sociologico dei tipi di adattamento di R.K. Merton. Queste categorie concettuali consentono a Lepenies di ricostruire gli atteggiamenti malinconici che si diffusero presso due diversi ceti sociali in tempi e in luoghi differenti: 1) i ceti nobiliari francesi dopo la sconfitta della Fronda e 2) la borghesia tedesca del ‘700. (shrink)