Torino: Einaudi (
2002)
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Abstract
Contrariamente a quanto si dice, non esistono oggi “molte filosofie”, ma un unico benché multiforme orientamento scettico, che definisce - con gradi di maggiore o minore radicalità - la “razionalità minimale” all'opera in qualsiasi discorso filosofico. Al centro (o al cuore) di questa grande koiné scettica agisce profondamente, ma con effetti avvertibili, l'idea che sia difficile o impossibile afferrare, o riconoscere, o definire la verità. Ma è davvero così? In quale senso può essere vero che la verità non esiste, o è indefinibile, ineffabile, inafferrabile? Il libro ricostruisce la storia di un solo enunciato, “la verità non esiste”, e delle sue traduzioni e parafrasi: dai sofisti e dagli antichi scettici fino a Nietzsche e alle teorie contemporanee sulla scomparsa della verità. È una storia controversa, fin da principio segnata dalla consapevolezza che a normali condizioni logiche non si può negare la verità: perché se è vero che la verità non esiste, allora almeno una verità esiste. La ricostruzione storica aiuta a capire che la verità è “innegabile” come altri concetti fondamentali della tradizione filosofica: come l'essere, il pensiero, il linguaggio. Cosí come non può essere vero che la verità non esiste, non si può pensare l'assenza di pensiero, e dire l'assenza di linguaggio. Ma esistono, essere, pensiero, verità, linguaggio? La tesi del libro è che non ci si può disfare della verità (esattamente come non ci si può disfare di altri concetti-fondamenti) se e in quanto si intende rimanere all'interno della filosofia, ossia di un discorso preliminare e generale (e in una certa misura libero e neutrale) su teorie, visioni della realtà, modi di dare conto della realtà.