Scotus, Durandus et Nominales. Prescienza e natura dei demoni nell'Exercitium academicum circa praescientia daemonum expendendam occupatum

In Roberto Hofmeister-Pich, Alfredo Culleton & Alfredo Carlos Storck (eds.), Homo – Natura – Mundus: Human Beings and Their Relationships Proceedings of the XIV International Congress of the Société Internationale pour l’Étude de la Philosophie Médiévale. 2300 Turnhout, Belgio: pp. 793-804 (2020)
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Abstract

L’Exercitium academicum circa praescientiam daemonum (1666), pubblicato nella riformata Jena, tematizza una questione dibattuta nella Scolastica fra XIII e XIV secolo ma le cui radici risalgono ad Agostino d'Ippona, cui si deve il primo testo sull'argomento: la prescienza dei demoni. L'analisi segue la traccia del De divinatione daemonum agostiniano, mentre appare critica nei confronti delle posizioni di Tommaso d'Aquino e dei tomisti. Ad esse, in particolare riguardo alla natura delle facoltà intellettive demoniche, egli contrappone Giovanni Duns Scoto, Durando di san Porziano e non meglio specificati nominales, accomunati in un indistinto riferimento alla teoria delle species. Ciò non toglie che il testo segua poi Tommaso nell'articolazione delle forme di prescienza dei demoni e nella definizione di questa come conoscenza congetturale. Scopo del nostro intervento sarà infatti mostrare, attraverso l'analisi che per la prima volta sarà condotta sul testo, lo spaccato di una comunità conversazionale nella quale le linee di forza e le distinzioni che animano il dibattito si mostrano autonome rispetto alle posizioni storiche di cattolici e riformati. Nell’Exercitium, Duns Scoto è contrapposto ai tomisti e, con Agostino e Durando di san Porziano – che costituisce una fonte comune del dibattito secentesco insieme a Bonaventura, Aureolo, Suarez, Vazquez, Gregorio di Valencia, e in tale veste sarà ripreso di lì a poco da Leibniz -, è cooptato tra gli autori a sostegno della sua tesi. Lungi dall'essere un esercizio di eclettismo o la stanca ripetizione di formule scolastiche, lo scritto getta luce su un dibattito universitario nel quale le fonti sono usate non come auctoritates ma quale repertorio di teorie da smontare e rimontare; ad esse l’Exercitium attinge per soluzioni che si definiscono in relazione a finalità filosofiche o dottrinali, ma non politiche né confessionali.

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