Abstract
Le sentenze che oggi vengono pronunciate contro i criminali psicopatici evitano accuratamente di far leva su considerazioni “morali”. Solitamente l’attribuzione di responsabilità morale ai criminali si basa spesso sul concetto cognitivo di infermità mentale, in maniera tale che il giudizio morale sulla condotta morale dei “criminali psicopatici” in questi casi venga tendenzialmente sterilizzato. La posizione che qui vorrei proporre individua oscurità e limiti epistemici nelle teorie e nei metodi correntemente impiegati nelle società occidentali per alleggerire le responsabilità morali, le quali, pertanto, risultano in parte inaffidabili. Per supportare questa conclusione intendo far leva sui miei più recenti studi di carattere cognitivo, vertenti sulla dimensione plurale dei contesti morali, sulla co-evoluzione geni/nicchia cognitiva e sul concetto di libero arbitrio.