Recensione di: S. Feloj, Estetica del disgusto. Mendelssohn, Kant e i limiti della rappresentazione. Roma: Carocci, 2017, pp. 190. ISBN: 978-88-430-8674-0.

El presente estudio pretende describir las actitudes más frecuentes, que demuestran estudiantes de educación media, frente a la lectura y los factores que inciden en el gusto o disgusto por ella, pues es de vital importancia poder conocer y descubrir las dificultades que puedan tener los estudiantes en su proceso lector, ya que un temprano conocimiento de aquellas dificultades posibilita la prevención de dificultades específicas de aprendizaje, miedos o desórdenes de hábitos lectores. El estudio se realizó por medio de (...) la observación y entrevista individual que indagaban sobre la lectura en el discurso y la lectura en la práctica. (shrink)

Sullo scorcio del XIII secolo il patriarca Gregorio di Cipro inviò a Tessalonica un prezioso esemplare di Platone, su cui era riuscito a mettere le mani, perché fosse trascritto. Gregorio commissionò il lavoro a Giovanni Stauracio – figura di letterato anche altrimenti nota – e ad un certo Cabasila, chiamato a collaborare con Stauracio, «come Iolao con Eracle», per la realizzazione di un βιβλίον οὔ τοι ϕαυλον, un «libro non da nulla». Questo passo, scelto tra i molti che si potrebbero (...) addurre, documenta una realtà assai frequente nel mondo bizantino, vale a dire la collaborazione tra più copisti nell'allestimento di un codice. Nel caso in questione l'attività di trascrizione, come testimonia del resto la presenza di una committenza esterna di alto rango, assume la fisionomia di un lavoro vero e proprio, vincolato al pagamento di un compenso. Nonostante ne sia risultato un prodotto αἴσχιστον, «turpissimo» – sappiamo che il libro al suo solo apparire disgustò a tal punto il patriarca che questi avrebbe voluto gettarlo nell'acqua o nel fuoco perché non sopravvivesse a disonorare la propria biblioteca – Cabasila e, almeno in una certa misura, Stauracio dovevano essere scribi di mestiere e le loro, conseguentemente, mani professionali. Ma v'è un dato sul quale occorre riflettere: Stauracio e Cabasila erano solamente in due così come in due, ad esempio, erano gli scribi sicuramente di professione che, alla fine del secolo IX, avevano collaborato alla trascrizione del Vat. gr. 1594 e del Laur. 28.27, splendidi esemplari, specie il primo, della cosiddetta “collezione filosofica”. Di contro, alla trascrizione del codice che meglio di altri testimonia il lavoro e l'attività di studio di Gregorio di Cipro, giacché ne conserva, fra altri scritti, una silloge di testi classici da lui stesso messa insieme – l'Escor. X.I.13 + Φ.I.18 –, hanno preso parte insieme al patriarca almeno altri tre copisti, mentre in sei hanno collaborato con lui all'allestimento del corpus di logica aristotelica tradito dal codice Ambr. M 71 sup. Sembra lecito parlare, dunque, nei casi in cui molteplici siano le mani impegnate a trascrivere un codice, dell'attività più o meno organizzata di un gruppo di copisti, dietro i quali talvolta è possibile individuare “leading figures of scholarship”. Dal momento che gli esemplari usciti da questi ambienti non presentano un carattere univoco – si va da libri di pregio forse scritti su commissione a libri di studio, fino agli “Hausbücher” di cui parla Herbert Hunger – e che i modi stessi della collaborazione tra copisti si rivelano assai variegati, diverse e spesso contrastanti sono state le interpretazioni date del fenomeno. (shrink)

En el centro de La república, Sócrates expresa su disgusto de que Glaucón trate de enemistarlo con Trasímaco cuando existe entre ambos una relación de amistad (498c9- d4). Más allá de la ironía socrática, lo cierto es que la amistad de sus lógoi está basada en un doble acuerdo: 1) La justicia exige el conocimiento de lo útil o bueno (339d5-9); 2) El gobernante inteligente no está dispuesto a beneficiar a la ciudad si no se beneficia de algún modo (...) a sí mismo (347d6-8). El propósito de la comunicación es aclarar el sentido de esta doble homología en la que intersectan y divergen las posiciones de Trasímaco y de Sócrates. (shrink)

La ira interior, la tristeza, el disgusto, el nerviosismo, la impotencia, más que conceptos, son en realidad sentimientos que por carne propia podemos experimentar, además de ser constantes dentro de nuestra vida anímica, incluso más que el sentido de gozo y placer, que tanto buscamos dentro de nuestras actividades ordinarias. Sin embargo, al experimentar estas emociones en sí mismas parecen no generar algún problema mayor. El problema mismo viene en la acción para poder colmar estas intensas emociones que muchas (...) veces se presentan dentro de nosotros mismos “como criterio el dolor es inmutable, variable es, en cambio, el modo y manera como el ser humano se enfrenta a él”. (shrink)

Philosophers, moral psychologists and neuroscientists have written plenty about disgust as it concerns foul actions, revolting images and unsavory tastes. Far less has been written about stinky delicacies. Disgusting odours are typically treated as violations whose visceral reactions to danger prompt our protective recoil. I term this ‘basic disgust’. No matter how repulsive, meals rarely emit harmful aromas, even for people with particular food allergies. Allergic eaters must rely on labels. Moreover, neither taste nor smell is a reliable indicator of (...) food safety, since most deadly toxins are flavorless. Food repulsions thus defy evolutionary explanations typical of basic disgust, so perhaps they are exemplary of ‘moderate disgust’, such that particular food smells disgust some people, somewhere, sometimes. Even if noxious dishes repel (basic disgust) or people find overcoming food aversions difficult (moderate disgust), neither approach accounts for the way innocuous stenches attract attention, frame perception, stage deceptions, signal values, enhance retention, boost concentration and accelerate task completion. Inspired by the Disgusting Food Museum’s scheme to prompt visitors to adopt new values, I develop value disgust, which considers disgust value-driven and subject to perceptual learning. In other words, negative reactions to stinky delicacies are dispositional. As identification improves, we feel less disgust. To develop value disgust, which teases out harmless stenches’ ‘superpowers’, I begin by describing how disgust compounds smell’s already complex properties. I next review philosophical accounts of disgusting smells, then survey the Disgusting Food Museum’s surfeit of value-driven results, articulate value disgust and summarise several experiments that offer corroborating evidence. (shrink)