I submit that philosophy makes progress, but it does so in a way that is distinct from the sense in which the word applies to science, and is more akin to what happens in allied fields such as mathematics and logic. I develop a model of philosophy as “evoking” (to use L. Smolin's term) a series of peaks in conceptually defined but empirically constrained, landscapes, or what N. Rescher calls “aporetic clusters.” I also discuss empirical evidence for the existence of (...) such clusters, following a statistical survey of philosophers’ views about their own field, carried out by D. Bourget and D.J. Chalmers. (shrink)

Hermann Cohen, der Begründer der Marburger Schule des Neukantianismus, hat einen bis dato unterirdischen Einfluss auf den Logischen Empirismus ausgeübt. Seine Konzeption der transzendentalen Methode sowie seine scharfe Polemik gegen den Psychologismus wurden insbesondere von Rudolf Carnap und Hans Reichenbach zum Teil angenommen, aber zugleich auch umgewandelt. Reichenbach’s Analyse der Wissenschaft und Carnaps logische Analyse wissenschaftlicher Sätze sind mit Cohens Ansatz in dem Sinne noch verbunden, dass die Kritik der Vernunft Kantischer Prägung durch die Eruierung der begrifflichen Struktur wissenschaftlicher Theorien (...) ersetzt wird. Trotz offensichtlicher Differenzen handelt es sich doch um einen Zusammenhang, auf den die Forschung weiter einzugehen hat. (shrink)

The philosophical study of consciousness is chock full of thought experiments: John Searle’s Chinese Room, David Chalmers’ Philosophical Zombies, Frank Jackson’s Mary’s Room, and Thomas Nagel’s ‘What is it like to be a bat?’ among others. Many of these experiments and the endless discussions that follow them are predicated on what Chalmers famously referred as the ‘hard’ problem of consciousness: for him, it is ‘easy’ to figure out how the brain is capable of perception, information integration, attention, reporting on mental (...) states, etc, even though this is far from being accomplished at the moment. What is ‘hard’, claims the man of the p-zombies, is to account for phenomenal experience, or what philosophers usually call ‘qualia’: the ‘what is it like’, first-person quality of consciousness. (shrink)

It is no secret that we inhabit an increasingly irrational world, plagued by rampant pseudoscience, science denialism, post-truths and fake news. Or perhaps, human nature being what it is, we have always lived in such a world and we are now simply more keenly aware of it because of easy and widespread access to social media. Moreover, the stakes are higher, as pseudoscience in the form of the anti-vax movement imperils the lives of many, while climate change denialism literally risks (...) a collapse of the human ecosystem. So how do we deal with the problem? How do we talk to otherwise perfectly reasonable and functional people who nevertheless espouse all sorts of nonsense — and vote accordingly? In this paper I will explore a couple of real life conversations among many that I have had with believers in pseudoscience, and then present and discuss virtue epistemology as one approach to ameliorate the problem. No silver bullets are available, unfortunately, but it is our intellectual and moral duty to keep, as Carl Sagan famously put it, the candle of reason lit even when surrounded by the darkness of unreason. (shrink)

Can ethics be approached scientifically? What's the relationship between science and the study of morality?

I hope I'll be forgiven for including this piece about the infamous Priory of Sion, which, as, anyone who has read The Da Vinci Code can tell you, is a secret organization dedicated to keeping the secret of the Holy Grail — an organization led down the centuries by eminent scientists, thinkers and artists including Da Vinci himself. While not strictly philosophical, this article is an excellent exercise in the kind of scrupulous detective work rarely done by those who spread (...) such myths. It also nicely illustrates how such myths are often started. (shrink)

Jürgen Habermas ha dedicato più di trent’anni dei suoi studi alle scienze sociali al fine di definire, attraverso la ricostruzione delle tradizioni di pensiero in esse presenti, un quadro teorico di riferimento che orienti i programmi della ricerca storico-sociale. Al pari dei grandi classici del pensiero sociologico, egli ha cercato di affrontare i “problemi della società nel suo insieme” esplicitando gli assunti, i metodi e gli obiettivi della teoria sociale come presupposto indispensabile per un’indagine che ampli i confini disciplinari della (...) sociologia, da un lato, alla riflessione filosofica, dall’altro alla ricerca storiografica. Nel lungo itinerario della sua formazione scientifica questo programma rappresenta il filo conduttore nell’analisi dei “sistemi culturali”, dei “sistemi sociali”, dei “sistemi della personalità” e, soprattutto, nella “teoria dell’evoluzione sociale”, dalla ricostruzione delle condizioni necessarie alla genesi antropologica delle forme socio-culturali di vita – l’“ominizzazione” – sino all’esame della logica e della dinamica di sviluppo delle “formazioni sociali” che egli suddivide in primitive, tradizionali, moderne e contemporanee. Nella Postfazione all’edizione italiana di Profili politico-filosofici (2000), una raccolta che contiene scritti di quarantacinque anni di studi (1953-1998), Leonardo Ceppa sottolinea i due aspetti essenziali dell’opera di Habermas: “la coerenza teorica” e il “carattere assimilatorio”. Habermas non è un pensatore “rivoluzionario” ma un “riformista” che, ricorrendo a un’immagine ingegneristica, all’isolamento del “pensiero che scava fossati” preferisce “costruire ponti” tra i campi del sapere. Questa ricerca si segnala per il tentativo di recepire criticamente le acquisizioni specialistiche delle scienze sociali e della filosofia finalizzando questa tensione apprenditiva alla costruzione di un quadro generale. Nato dai nostri colloqui seminariali, di cui mantiene la forma dialogica dei “turni di parola”, il presente volume focalizza lo sguardo sulle società contemporanee – ripercorrendone la struttura, le sfide presenti e gli scenari futuri – e sulla funzione sociale della sociologia. Ne scaturisce un’indagine di fenomeni fondamentali per comprendere le trasformazioni della modernità: la modernizzazione, il capitalismo organizzato, lo stato sociale, la democrazia politica, la diversità culturale, l’opinione pubblica nell’epoca dei media, la globalizzazione, la crisi ecologica, le disuguaglianze mondiali, i conflitti nazionalistici, il terrorismo islamico, la secolarizzazione, l’ingegneria genetica, l’integrazione europea e la politica mondiale. Nel riordinare i temi sociologici da lui proposti abbiamo cercato di sistemare l’analisi delle società contemporanee a un livello che non si accomodi sul piano dei commenti troppo facili che gli intellettuali, i politici e la gente comune amano fare sull’attualità e che, mantenendo una visione d’insieme sull’opera, chiarisca il testo e i suoi punti ciechi. Il volume si propone come uno strumento di lavoro che accompagni a una lettura critica. Sullo sfondo rimane la domanda se Habermas riesca davvero a conseguire, nei suoi itinerari attraverso la “storia delle idee”, la coerenza logica e la profondità d’indagine necessarie a “sistematizzare” le ricerche delle scienze sociali. Alcune perplessità avvalorate dal confronto con i testi e con la letteratura critica ci hanno suggerito di riservare ai problemi metodologici uno studio specifico che chiarisca il concetto di “scienza ricostruttiva” e ne illustri le applicazioni nell’ambito delle teorie della riproduzione culturale, della socializzazione e dell’evoluzione delle formazioni sociali – uno studio le cui linee sono solo anticipate nell’Introduzione. Il programma di ricerca e la sua recezione critica, relativamente agli assunti della teoria dell’evoluzione sociale. Riprendendo una felice espressione di Karl Popper, ci auguriamo di aver raggiunto la chiarezza argomentativa e la semplicità linguistica dovuta al lettore, confidando nella “cooperazione amichevole-ostile di molti scienziati”. (shrink)