Bu makale, Osmanlı siyaset düşünce geleneğinde fazilet temelli kendine has ılımlı bir siyasî realizmin var olduğunu savunmaktadır. Günümüz siyasî realizm literatürü ve Osmanlı fazilet ahlâkına dayalı karşılaş- tırmalı metotla, siyasetin mahiyeti ve insanın doğasına dair realist unsurları teşhis etmeden Osmanlı siyaset düşüncesinde ahlâkî argümanların siyaseti, devlet fikrini ve kurumları nasıl inşa ettiğini anlayamayacağı- mızı iddia ediyorum. Osmanlı fazilet ahlâkı geleneğinde ahlâkın her şeyi kapsadığına dair kanının aksine siyasetin mahiyeti itibariyle tekil, değişken, ahlâktan bir ölçüde bağımsız bir gerçeklik olarak anlaşıldığını gösteriyorum. (...) Bununla bağlantılı olarak Osmanlı siyaset düşünce geleneğinde fazilet ahlâkından gelen in- sanın acziyeti anlayışının, siyasî aktörleri ve eylemleri değerlendirmede onu realist yapan unsur olduğunu ifade ediyorum. Son olarak ahlâkın kapsamı ve siyasetin mahiyetini (gerek birbirleriyle olan ilişkileri açı- sından gerekse de birbirlerinden bağımsız olarak varlıklarını) açıklamada tümeller probleminin nasıl bir rol oynadığına işaret ediyorum. Tümeller probleminin siyaset ve ahlâk arasındaki karmaşık ilişkiye dair getirdiği analitik ayrımları ılımlı siyasî realizmin kaynağı olarak sunuyorum. (shrink)

A symposium by twelve English thinkers of various Christian backgrounds. The papers investigate the possibility of incorporating traditional metaphysics and the insights of contemporary continental philosophers into the empirical and analytic tradition. The concept of intuition or immediate apprehension is explored in several of the papers as a possible key to the problem. Though the writers often fail to face up to hard problems, the book offers an important, if cautious, effort at integration.--F. W. N.

A persuasive attack on Ryle's notion that "remember" is an achievement verb, and on Russell's view that all acts of memory might be entirely misleading. Although we can never be sure in any particular case that our memories are veridical, we need not adopt total scepticism. The book suffers from awkwardness of style and unnecessary repetition.--F. W. N.

These twenty-nine essays from a period of thirty-five years cover topics in ethics, critical and speculative philosophy, American philosophy and social philosophy. The late Professor Murphy's concern for the social and political relevance of theoretical philosophical issues is very much in evidence, and something of his humane personality shows through.—F. W. N.

An elementary analysis, both historical and systematic, of the two topics mentioned in the title. Although the book presents difficulties in both phases of its analysis, readers concerned with the topics should find it an interesting presentation of a Catholic view.--F. W. N.

This volume is a superb addition to the voluminous literature engendered by the enigmatic treatise--"Job." The first section is an introduction by the editor to the study of "Job." It briefly outlines the various traditions of interpretive material. Glatzer's major criticism of this literature is two-fold: there is a general avoidance of direct confrontation with the text; interpreters tend to abuse "Job" to validate a previously held intellectual stance. Glatzer also provides the reader with a sketch of his own viewpoint, (...) but unfortunately the sketch is skeletal. The second section provides thirty-two modern selections on various aspects of "Job." The editor has combined these selections under headings designed to define more precisely an area of interest or to demonstrate the spectrum of thought among one tradition's spokesmen. Glatzer's familiar thoroughness is manifest right down to the index and bibliography.--F. J. N. (shrink)

This book contains eight essays, the first seven of which are revised, expanded, and edited from articles previously published by the author. The essays focus on Eliade's academic discipline like an adjustable lens-zooming in on a special area for particular detail, panning back to provide a breathtaking overview. A prime example of the former is "Paradise and Utopia: Mythical Geography and Eschatology;" of the latter--"The History of Religions in Retrospect: 1912 and After." In all eight gems, Eliade exhibits his thoroughly (...) disciplined research as well as his efforts towards scholastic objectivity. The selections and enlargements of the various articles press home the author's two-fold desire to stress the development of a systematic hermeneutics of the sacred and to point out the creative cultural function which the history of religions could realize. The most resolute expression of these two foci can be found in the fourth essay: "Crisis and Renewal." There is a short index.--F.J.N. (shrink)

The author manages to work in quite a bit of ethics among numerous examples and illustrations. Both classical and modern views are considered. Great simplicity and clarity.--F. W. N.

A simple presentation of an epistemology operating in the Thomistic tradition but revealing the influence of the phenomenological movement. The major portion of the book is devoted to a severe critique of scientific method--so severe that the conclusion that science and metaphysics complement each other seems unexciting.--F. W. N.

After some preliminaries on the logic of change and the logic of action the author develops an extended theory of norms in this companion volume to his The Varieties of Goodness. Although the book will be of particular interest to deontic logicians, its philosophic value is greatly enhanced by a concern for broader issues, including problems in the ontology of norms. The usefulness of the work is very much decreased by numerous undeveloped suggestions and unanswered questions.—F. W. N.

È possibile rendere compiutamente conto di ciò che gli artefatti e le tecnologie fanno, senza per questo sminuire il ruolo dell’agentività umana, ossia la capacità dell’essere umano di essere all’origine dell’azione e del senso?Per quanto determinismo tecnologico e sociocostruzionismo siano ormai approcci sufficientemente integrati, sembra quasi impossibile poter riconoscere l’uno senza pagare nulla di più che un piccolo contributo all’altro.Gli autori sottolineano quanto questa cesura che apparentemente riguarda un fenomeno circoscritto e settoriale come il ruolo degli artefatti nella costruzione del (...) mondo sociale, rispecchia in qualche modo l’antica distinzione proposta da Dilthey tra scienze della natura e scienze dello spirito. Il fatto é che tale divisione del lavoro scientifico sembra il risultato più che il punto di partenza di un lavoro deliberato di purificazione dei due domini . Per quanto utile da un punto di vista epistemologico, essa corre costantemente il rischio di proclamare a priori l’incapacità di alcune metodologie di indagare oggetti che si situerebbero al di là della loro giurisdizione . Inoltre, gli autori ritengono che questa distinzione sia alquanto problematica quando si tratta di questioni ontologiche. In linea con il pensiero di filosofi come Whithead , Delueze e Guatatri e Tarde , sostengono che tanto l’approccio sociocostruzionista quanto l’approccio tecno-determinista soffrano di un simile riduzionismo ontologico: ridurre l’oggetto di indagine a quanto la prospettiva inscritta in ciascuna metodologia consente di vedere e di analizzare.Prendendo le distanze da tale riduzionismo, questo articolo intende dimostrare che la materialità, la tecnologia e persino la natura intrudono costantemente nel mondo del significato, della comunicazione, del discorso. Allo stesso tempo, cultura e significato conferiscono senso e persino forma al mondo naturale . A fronte della propensione diffusa a pensare l’interazione come qualcosa che riguarda soltanto gli essere umani, gli autori mostrano che altre cose si autoconvocano costantemente nelle nostre conversazioni e che é legittimo ipotizzare che tali cose facciano «cose con le parole», per usare la famosa espressione che John Langshaw Austin coniò per indicare ciò che le persone fanno attraverso i loro atti linguistici.Attraverso un esempio tratto dalle osservazioni sul campo in un presidio medico d’urgenza operato da Medici senza Frontiere, gli autori mostrano che il sottolineare quanto e come le cose siano partecipanti attivi in una conversazione non significa evacuare il contributo umano all’attività di parola. Se le cose fanno cose con le parole é perché portano prospettivamente le persone a dire quel che dicono e, retrospettivamente, a far dire loro quel che hanno detto. Piuttosto che postulare che i soli partecipanti umani siano all’origine di quanto vien detto durante una conversazione, diventa possibile ritracciare altre origini o elementi che influenzano e condizionano ciò che le persone fanno mentre parlano tra loro.Il fatto che gli oggetti siano spesso trasformati dalla loro stessa incursione sulla scena interattiva viene vista come una prova della « realtà » del loro contributo alla conversazione. Utilizzando la metafora del ventriloquismo, gli autori mostrano che se i partecipanti umani fanno sì che le cose facciano cose con le parole, ciò é anche dovuto al fatto che le cose stesse fanno far loro cose con le parole, in quella sorta di oscillazione ventriloqua già sottolineata da David Goldbaltt . Individuare le tracce sia dell’agentività umana sia dell’agentività tecnologica, porta a riconoscere il grado di passività o passione inerente a qualunque attività o azione. Tale riconoscimento é cruciale dal momento che tale passività fa parte dei modi con cui le persone rendono razionale/giustificabile/legittimabile/ sanzionabile ciò che esse fanno e dicono nel corso di una interazione.Invece di ridurre l’interazione ad un fenomeno che riguarda esseri umani tra loro, appare più costruttivo riconoscere tutte le figure che popolano la scena interattiva, siano esse tecnologie, regolamenti, principi, emozioni o artefatti. La proposta avanzata dagli autori può dunque essere vista come un tentativo di riabilitare metaforicamente l’analisi del parlare prendendo seriamente in considerazione ciò che le figure letteralmente hanno da dire su come noi, gli umani, comunichiamo e lavoriamo.Se poiesis significa fabbricazione, allora forse poesia può diventare un modo innovativo di comprendere come funzionano le tecnologie e come noi interagiamo con esse.While we tend to think of interaction as involving human beings only, this paper proposes to show that other things – technologies, in particular – are continuously inviting themselves in our conversations and that these things can even be said to “do things with words.” Using the metaphor of ventriloquism, we show that if human participants make things do things with words, it is also because things animate them, a form of ventriloqual vacillation or oscillation already noticed by David Goldblatt . Acknowledging both human and technological agencies therefore leads us to recognize the degree of passivity or passion that is inherent in any activity or action, a recognition that is especially important given that its marks the accountable / reasonable / intelligible / justifiable / sanctionable character of what people do and say in interaction. (shrink)

A previous critique of the relevance of Piron's questions-propositions system as a generator of quantum mechanics by interpretation is reinforced and brought to a close by further investigation.